Abstract:
Questo lavoro vuole determinare se la prospettiva di genere è integrata nelle norme di diritto ambientale a livello internazionale ed europeo, in particolare, sottolineando gli effetti del cambio climatico sui diritti delle donne e la loro posizione nei paesi in via di sviluppo. L’analisi proposta inizia considerando i movimenti femministi ed ambientalisti degli anni Settanta nell’Occidente per arrivare poi alla prospettiva eco-femminista tipica dei paesi in via di sviluppo, determinante per capire la relazione tra donna e natura. Da qui si deduce la posizione marginale della donna nelle società più arretrate sebbene il loro ruolo risulti fondamentale per la sussistenza della popolazione. Tutto ciò è aggravato dal cambio climatico nelle sue diverse manifestazioni che ha esacerbato la situazione di tali soggetti rendendoli vulnerabili e spesso vittime, creando un effetto moltiplicatore. Il cambio climatico, infatti, non solo determina la distruzione degli ecosistemi ma presenta ripercussioni economico-sociali portando a migrazioni consistenti e anche all’aumento delle violenze sulle donne. Proprio in questi casi emergono forti stereotipi culturali ancora presenti nelle società più arretrate. Il lavoro si sofferma sulle norme ambientali vincolanti e non vincolanti a livello internazionale ed europeo verificando l’incidenza della prospettiva “gender” e mostrando i progressi fatti finora. Nonostante qualche riferimento, una disciplina vincolante più inclusiva risulta ancora assente sia a livello internazionale che europeo, mentre la cosiddetta soft law appare nella giusta direzione. Si vuole dunque dimostrare come ci sia l’esigenza di creare una vera interconnessione tra i diritti umani e i diritti ambientali, iniziando da politiche di mitigazione e adattamento che portino ad una governance più inclusiva e giusta.