Abstract:
La Grande Guerra fu la prima “guerra tecnologica”, che costrinse i soldati a rifugiarsi nelle trincee, tra stenti e sporcizie, armi e compagni morti.
Tra chi, direttamente o indirettamente, ne prese parte non mancarono i letterati, che, come gli scrittori occasionali, avvertirono l’urgenza di fissare sulla pagina un’esperienza unica e indicibile di sofferenza e di morte.
Esistono più fronti, sui quali si combatte in modo diverso e con diverse gradazioni di intensità: alcuni combattono sul fronte alpino-dolomitico; altri sono impegnati sul fronte trentino; altri ancora incontrano la guerra sul fronte veneto; altri, numerosissimi, sono attivi sull’Isonzo e sul Carso, dove si partecipa ad assalti che causano veri e propri massacri. Un’altra parte della letteratura della Grande Guerra nasce lontano dai luoghi in cui si combatte, l’immediata periferia dello scontro, le retrovie; e c’è chi è distante per ragioni anagrafiche (Italo Svevo, Luigi Pirandello, Federico De Roberto). Né vanno al fronte le donne come Matilde Serao.
La distanza è anche temporale: la Prima guerra mondiale è raccontata durante il suo svolgimento, ma la conclusione del conflitto non segna la fine delle scritture che della guerra parlano.
Carlo Salsa pubblica Trincee. Confidenze di un fante nel 1924. In questo diario l’autore racconta in modo crudo la tragica realtà della guerra vera, quella vissuta dai soldati e non quella raccontata dai giornali, quella guerra che rendeva tutti uguali dentro le trincee. La forza della testimonianza e la qualità letteraria ne fanno uno dei libri più emblematici della prima stagione della letteratura di guerra.