Abstract:
Questa analisi delle politiche economiche si prospetta di esaminare la situazione socio-economica dei territori occupati palestinesi dalla formazione dello stato di Israele fino ai nostri giorni utilizzando una metodologia di consultazione di fonti primarie e secondarie. Si tratta di spiegare come dal 1948 in poi i palestinesi si siano visti decadere il diritto di coltivare le proprie terre e in alcuni casi di viverci. Con l'istituzione dello stato di Israele una parte della popolazione palestinese è fuggita a causa del conflitto abbandonando svariati "dunum" di terra dando così legittimità al neonato stato di Israele di appropriarsi di tali terreni per motivi di difesa dei confini, fornitura di beni essenziali e stanziamento della popolazione ebraica, prendendosi di fatto le terre che erano dei palestinesi emigrati a causa della guerra. Tale situazione è avallata dalle leggi emanate prima nel 1948 e dopo dagli accordi di Oslo del 1993, che hanno dato e danno ancora oggi legittimità al governo israeliano di impossessarsi con la forza di parti dei territori che erano originariamente palestinesi rivendicando il diritto sulle terre abbandonate. Tale processo ha creato difficoltà a livello sociale, politico ed economico e questo progetto di tesi cerca di mettere in luce le problematiche legate al tema di tale espropriazione della terra e a quelle ad essa correlate come ad esempio l'insicurezza alimentare causata anche dal mancato accesso alle risorse idriche nel territorio palestinese. Dopo gli accordi di Oslo i territori palestinesi non hanno una continuità geografica ma sono frammentati in diverse enclave, ovvero aree (denominate A, B e C) in cui la competenza politica è palestinese, israeliana o mista e l'accesso alle risorse naturali risulta compromesso poiché le zone più fertili sono sotto il controllo esclusivo israeliano. La situazione economica del settore primario è particolarmente precaria a causa del contesto politico-economico coloniale israeliano che ha sfavorito il rafforzamento dell'agricoltura locale e che non ha permesso quindi uno sviluppo e un conseguente miglioramento del settore agricolo e neppure l'autosufficienza nella produzione dei beni primari. L'occupazione israeliana e le politiche neoliberali intraprese dall'autorità palestinese si rivolgono all'incremento dell'agricoltura rivolta all'export e all'agribusiness che varia in base alle necessità dei mercati esteri, quello israeliano e quello internazionale. La stessa autorità palestinese ha espropriato le terre coltivabili ai palestinesi per farne zone industriali con i finanziamenti dati dalle agenzie internazionali come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale e ha sottoscritto dei programmi di aggiustamento strutturale che rafforzano sempre di più la dipendenza dei territori occupati palestinesi a Israele e ad altri paesi stranieri. Infine, si approfondisce la tematica dell'agricoltura sostenibile nei territori occupati, come pratica agricola alternativa all'agribusiness, ovvero la diffusione di un tipo di agricoltura che utilizza le risorse del luogo e la manodopera senza sfruttarle. Si tratta dell'implementazione di un'agricoltura che conserva e preserva l'ambiente e che si svolge nel rispetto della biodiversità del territorio e del lavoro dell'uomo utilizzando le ricchezze che il suolo e il clima offrono.