Abstract:
Il Giappone è l’unico Stato al mondo ad essere stato vittima delle armi nucleari durante la Seconda guerra mondiale. Questo ha instaurato un forte sentimento antinucleare tra la popolazione giapponese, tutt’ora fortemente presente. Nonostante ciò, il governo, dalla fine della guerra, ha seguito una duplice linea politica nucleare, e per questo è sempre stato criticato a livello internazionale. Il primo ministro Eisaku Satō, nel 1968, adotta i tre principi non-nucleari come politica nazionale irrevocabile. Tuttavia, nel frattempo, decide anche di dipendere sotto il cosiddetto “ombrello nucleare” statunitense come garanzia di protezione dalle minacce della vicina Cina comunista. Altre sono state le dichiarazioni non chiare e contrastanti del governo giapponese riguardo alla politica sulle armi atomiche, come, per esempio, la firma nel 1970 del Trattato di non proliferazione nucleare, l’iniziale opposizione all’estensione indefinita del trattato nel 1995, durante la conferenza di revisione, e infine il rifiuto di firmare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari nel 2017.
In più, l’evolversi delle circostanze in nord-Asia, in particolare il test nucleare nordcoreano nell’ottobre del 2006 e la manovra di modernizzazione militare cinese, ha alzato nuove domande riguardo la vulnerabilità giapponese verso potenziali avversari e, di conseguenza, l’attrattiva di sviluppare una deterrenza nucleare indipendente. Il tabù all’interno della comunità politica giapponese sulla discussione delle potenziali armi nucleari sembra essere vinto, visto che diversi politici hanno sollecitato un aperto dibattito sull’argomento. Nonostante questi fattori, si ha un forte consenso sul non proseguimento di una politica di nuclearizzazione nel breve-medio periodo sul territorio giapponese.
Questa tesi intende proporre un’analisi su come il Giappone, oggi, stia proseguendo una politica basata sulla non proliferazione delle armi atomiche, esaminando inoltre il suo ruolo nella diplomazia sul suo disarmo globale, e in che modo possa tenere i tre principi non nucleari al centro della sua politica interna.