Abstract:
Abitare in modo differente, o in altri termini in cohousing, ossia coabitando, è un fenomeno sociale che, pur nato in Danimarca verso la fine degli anni ’60, si può definire abbastanza recente: la sua diffusione negli ultimi decenni è stata rapida in Europa e a partire dagli anni duemila ha coinvolto anche l’Italia, dapprima in Toscana e Lombardia, attirando lo sguardo dei media, del mondo dell’associazionismo, delle istituzioni e delle organizzazioni che lo promuovono.
La coabitazione, il raccogliersi di più nuclei familiari che condividono spazi, strumenti e momenti di vita, era una pratica antica in Occidente e attualmente, indebolitisi i vincoli della parentela, la forma del cohousing vuole valorizzare il legame della condivisione di idee e modi di vivere.
La forma degli spazi fisici e l’uso in comune che i co-abitanti ne fanno risponde ad alcuni vecchi bisogni sociali e a nuovi rischi emergenti in conseguenza dei mutamenti del contesto sociale ed economico, come la riduzione della solitudine nella popolazione anziana e la cura delle fragilità.
La progettazione del cohousing favorisce la possibilità di un maggiore scambio sociale, crea un ambiente fisico in grado di facilitare la conoscenza tra i residenti e di infondere in tutti un forte senso di sicurezza, consente la razionalizzazione dei consumi riducendo l’inquinamento e una gestione del bene immobile orientata al rispetto dell'ambiente.
E’ nell’intersezione tra la fisicità del luogo e la sua spiritualità, “l’anima”, che nasce l’interesse del presente studio, ad approccio sociologico: si intende in questa sede indagare il fenomeno dal punto di vista del gruppo sociale che vive lo spazio condiviso, animandolo, ricreando una “comunità” quale strumento di sostenibilità sociale e ambientale.