Abstract:
“Nitrate can’t wait!”, il nitrato non può aspettare. E, con esso, le pellicole in acetato di cellulosa e quelle in poliestere.
Perché questa necessità impellente di occuparsi delle pellicole? Per svariate ragioni. La prima è una motivazione inerente all’aspetto fisico e chimico di esse. Infatti, la pellicola cinematografica è costituita da una base o un supporto chimico su cui viene stesa un’emulsione reattiva alla luce, spesso composta da una sospensione di sali di argento in gelatina. Questa particolare composizione fa sì che, secondo alcune stime, l’ottanta percento della sola produzione mondiale di cinema delle origini sia andato perduto.
Il secondo motivo riguarda un aspetto etico, ovvero quello di salvaguardare un bene giuridicamente tutelato. Durante la Conferenza generale dell’UNESCO del 1980 tenutasi a Belgrado, il cinema è stato appunto definito un bene da tutelare e diffondere in quanto patrimonio dell’umanità, poiché si ritiene che esso sia espressione di identità culturale ed artistica. Inoltre, è da considerare un documento di valore storico.
Per tutti questi motivi, è necessario, da un lato, preservare il cinema nel suo aspetto prettamente fisico, impedendo il deterioramento delle pellicole e, dall’altro, fare in modo che il patrimonio cinematografico possa circolare il più possibile a livello globale.
Le cineteche e gli archivi di cinema sono gli enti che si occupano della salvaguardia della consistenza materiale del film e della tutela del valore culturale. La difficoltà sta nel fatto che per il settore in questione non è stato delineato, in maniera certa e definitiva, un vero e proprio metodo di restauro, come avviene, invece, per altre arti.