Abstract:
Questa tesi indaga le trasformazioni avvenute con l’inizio del XXI secolo, tra la performance art, nelle sue più vaste applicazioni spesso collegate alle arti visive, e i nuovi spazi messi a disposizione dalla tecnologia. Lo spazio digitale della rete, di Internet e dei social networks, è sempre più utilizzato dai performer come luogo della creazione artistica, dove il corpo, come medium, si esprime virtualmente. Tuttavia alcuni artisti decidono di rifugiarsi nello spazio reale per riflettere su cosa significhi davvero essere umani e riscoprire una materialità ed una fisicità che sembrano ormai perdute. Analizzando il lavoro di Hito Steyerl, Amalia Ulman, LaTurbo Avedon, Meineche Hansen, Cecile B. Evans, Marina Abramović e Ed Atkins, la tesi approfondisce come, in un’epoca di interconnettività globale, le pratiche performative esistano sia in dimensioni virtuali sia reali, e come siano sempre più caratterizzate da una condizione ibrida e intermediale. Stiamo assistendo ad una convergenza ed interdipendenza tra spazio digitale e fisico. Essi coesistono ed intersecandosi creano una nuova dimensione ibrida.