Abstract:
Rinvenuto nel 1683 da Jean Mabillon, il Codex Einsidlensis 326 contiene una raccolta importante di vari testi, i più famosi dei quali sono le Inscriptiones Urbis Romae e l’Itinerarium Urbis Romae.
Se il secondo è stato oggetto di numerosi e soprattutto costanti studi, altresì non lo si può dire del primo. Escludendo infatti le opere di Gerold Walser del 1987 e di Stefano Del Lungo del 2004 - entrambi in ogni caso incentrati maggiormente sull’Itinerarium che non sulle Inscriptiones - la silloge del codice di Einsiedeln non è mai stata approfondita con un occhio di riguardo e, in particolare, da un punto di vista meramente epigrafico. I manuali e più in generale gli studi di storia dell’epigrafia raramente si dileguano in un analisi del suo contenuto, limitandosi a definire la silloge come la più antica collezione di iscrizioni mai rinvenuta, di datazione compresa tra il VI secolo - non vi sono iscrizioni più tarde - e IX per motivazioni paleografiche dipendenti dal manoscritto, il quale potrebbe però anche non essere la copia originale. Proprio la ricerca di una datazione più precisa è il centro di questa ricerca: per definirla non si analizzerà la mera storia delle iscrizioni in essa trascritte, quanto piuttosto le intere tradizioni loro e dei monumenti o edifici in cui erano esposte, osservando con attenzione quando e in che circostanza l’originario redattore della silloge le avrebbe potute leggere e copiare. Partendo quindi da un errore di copiatura della silloge che racchiude in un paio di voci non iscrizioni ma frammenti trascritti dall’Itinerarium - e in questo modo tra l’altro conferma di non essere originale - si ragionerà sull’eventuale rapporto tra essa e lo stesso Itinerarium, se il secondo possa derivare in un certo modo dalla prima o se le iscrizioni si possano ritrovare all’interno dei percorsi riportati.