Abstract:
Tra la primavera e l’estate del 1835 si verificò un’insolita sequenza di furti sacrileghi ai danni di diverse chiese del vicentino. Il principale responsabile fu individuato nel latitante Antonio Caldana, giovane contrabbandiere di Conco, il quale nel novembre del medesimo anno venne fortunosamente arrestato da alcuni abitanti del paese di Quargnenta, la cui parrocchiale era stata razziata qualche mese prima da uno sconosciuto che durante la settimana di Pasqua si era intrattenuto in quella località. Una volta consegnato alla giustizia, Caldana dovette difendersi anche da una pesante accusa di omicidio che gli era stata attribuita durante la sua latitanza. Attraverso l’analisi della vicenda processuale, i cui fascicoli sono conservati presso l’Archivio di Stato di Vicenza, è possibile non solo ripercorrere quegli avvincenti episodi di cronaca, ma anche ottenere una concreta dimostrazione del funzionamento e dei limiti del sistema giudiziario vigente nel Regno Lombardo-Veneto. La particolare complessità del processo, che venne affidato alla direzione di Bernardo Marchesini, uno dei giudici più capaci tra quelli in forza al tribunale berico all’epoca dei fatti, comportò articolate indagini e numerosi interrogatori che si dispiegarono nell’arco di quasi due anni e videro l’escussione di un notevole numero di testimoni, per lo più appartenenti a strati sociali popolari, contribuendo così a formare una preziosa fonte di informazioni etnografiche sul Veneto del XIX secolo.