Abstract:
La tesi ripercorre la storia di Pechino e dei processi che l’hanno portata a diventare capitale della Cina analizzando i cambiamenti storici e politici che ne modificarono la struttura urbana, in particolare durante il periodo compreso tra la tarda età imperiale e la Repubblica Popolare.
Attraverso la ricostruzione dell’evoluzione storica, strutturale e funzionale dei luoghi pubblici della città come la piazza e i parchi, si delinea il modo in cui i diversi governi modificarono il tessuto urbano e le architetture adattandoli alle esigenze di rappresentazione dell’ideologia dominante.
I luoghi emblematici di questo processo che vengono presi in esame sono piazza Tiananmen, l’Altare del Suolo e del Grano (Shejitan) e il Tempio degli Antenati (Taimiao). Tiananmen che in origine costituiva la porta meridionale della Città Proibita, era deputata a delimitare lo spazio rituale di passaggio tra la sfera sacrale e quella civile, passò a rappresentare il simbolo dei movimenti studenteschi della nuova Cina repubblicana nei primi decenni del Novecento divenendo in seguito lo spazio politico simbolo della Repubblica popolare attraverso i raduni di massa e le parate. I giardini privati e i parchi dei templi, come Shejitan e Taimiao, seguirono un destino simile. Costruiti originariamente come luoghi destinati alla celebrazione dei riti o alla contemplazione estetica dei letterati, divennero i primi parchi moderni in Cina per poi diventare spazi ricreativi a carattere didattico durante la Repubblica popolare cinese.
Questo processo storico evidenzia le trasformazioni radicali subite da questi luoghi che, da spazi sacri chiusi, divennero spazi pubblici e potenti strumenti di propaganda nelle mani del governo.
Infine, attraverso i principali movimenti popolari del XX secolo, viene messa in luce la doppia valenza dello spazio politico: da un lato espressione dell’ideologia dominante sul quale i governi tentano di mantenere il controllo e dall'altro espressione della voce del popolo, che al contrario utilizza questi luoghi per esprimere la propria dissidenza.