Abstract:
Nessun essere umano sembra poter sfuggire all'esperienza del dolore e della sofferenza, anzi tali situazioni risultano essere tra le più angosciose della nostra esistenza. Il dolore inteso generalmente come un sintomo che segnala un problema nell’organismo ha come conseguenza l’azione tecnica del medico che cerca di liberare il proprio paziente da tale condizione penosa. Gli sviluppi tecnologici cui è giunta la scienza odierna hanno portato la medicina contemporanea a concepire la malattia partendo dal presupposto che l’uomo sia solamente un sistema di organi, oscurando così la dimensione della persona umana nella sua totalità che non è riducibile al solo corpo. La ricerca condotta in queste pagine si propone di ripercorrere il pensiero bioetico di Jean-François Malherbe affrontando criticamente le questioni morali che la biomedicina contemporanea solleva. Emerge così una lettura della condizione umana: dinamica, reciproca e tridimensionale, in virtù del fatto che l’uomo è un essere dotato di parola, che porta a valorizzare la soggettività morale e relazionale. Una speculazione filosofica, questa, basata su un’antropologia bioetica che si avvicina, sino a trovarne il suo proprio fondamento, all’etica della reciprocità di Paul Ricœur. Dalla prospettiva di un’etica individualmente concepita si passa a quella di un’etica intersoggettiva, relazionale e reciproca.