Abstract:
La presente tesi di laurea si pone come obiettivo quello di fornire un tentativo di ritraduzione di una selezione di brani del racconto “Metà fuoco, Metà acqua”, Yi ban shi Huoyan, Yi ban shi Haishui 《一半是火焰,一半是海水》, dello scrittore e sceneggiatore Wang Shuo 王朔. Questo racconto, pubblicato per la prima volta in Cina nel 1986 sulla rivista Zhuomu Niao 啄木鸟 (Il Picchio), si inserisce a pieno titolo nel panorama della Letteratura dei Teppisti, Liumang Wenxue 流氓文学, una corrente letteraria che prende forma nel clima di forte spinta culturale e rivalutazione della tradizione letteraria cinese che verrà conosciuto con il nome di Febbre Culturale, Wenhua Re 文化热. Questa corrente letteraria, di cui Wang Shuo è il fondatore e il più grande esponente, viene inaugurata con il racconto La Hostess Kongzhong Xiaojie 空中小姐 del 1982, e vede come protagonista quella fetta della società cinese composta da teppisti scansafatiche, truffatori e piccoli criminali, mettendo in luce la crisi di un’intera generazione, vittima del repentino e tumultuoso passaggio alla modernità avvenuto durante il periodo post-Maoista.
Il racconto, tradotto in lingua italiana dalla professoressa Anna Lombardi e pubblicato per Mondadori nel 1999, racconta la tragedia della storia d’amore tra un giovane teppista Zhang Ming 张明 e una studentessa universitaria di buona famiglia, Wu Di 吴迪. In questa opera Wang Shuo da prova di tutta la sua abilità di scrittore e di imprenditore, riuscendo a creare, attraverso un pastiche di colloquialismi e gergo di Pechino, un prodotto con cui attirare il lettore facendo leva sulla sua necessità di intrattenimento, a cui si aggiunge una velata satira politica nei confronti della letteratura cinese antecedente, satura dell’influsso della Rivoluzione Culturale (1966-1976).
Quello proposto in questa tesi è un esperimento che vuole affrontare la ritraduzione di un testo cercando di fornire un versione linguisticamente e stilisticamente differente, in un “esercizio di stile” Queneauiano riadattato al contesto letterario cinese. Nella fattispecie, in questa tesi si cercherà di produrre, a partire dal testo originale in cinese, una versione in dialetto romanesco di alcune sezioni del racconto, trasformando il colloquialismo e il gergo di Pechino di Wang Shuo nello stile colloquiale e canzonatorio del dialetto di Roma e provincia. La scelta del dialetto romano, oltre ad essere dettata dalla mia familiarità con esso, è stata fatta anche in virtù di una putativa somiglianza tra i due sistemi linguistici, basata principalmente sulla presenza e la frequenza di colloquialismi ed espressioni dialettali soprattutto in contesti di scherno e prendersi gioco di altri.
Per quanto riguarda l’organizzazione dell’elaborato, questo presenterà una prima parte introduttiva in cui verrà fatta luce sulla figura di Wang Shuo, i personaggi e il suo stile; nella seconda parte, l’attenzione sarà rivolta all’opera presa in esame e alla giustificazione dei brani scelti, per poi passare alla proposta di traduzione e concludere con il commento traduttologico, in modo da guidare il lettore nel processo di traduzione svolto.