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La tesi si propone di illustrare e analizzare il contributo delle scrittrici australiane alla narrativa breve e di evidenziarne la rilevanza, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, rispetto ad una cultura fortemente maschilista. Fin dal primo periodo coloniale il "bushman" e il "gold-digger" sono stati elevati a rappresentanti mitici della nazione australiana e Fethos della "mateship" ha assunto un significato quasi leggendario, mentre le donne sono state relegate ad una condizione domestica, marginale e subalterna. Nei racconti delle scrittrici australiane, a partire dalla seconda metà dell'800, viene esplicitato dunque il lento e faticoso riscatto da questa condizione che, nonostante le costrizioni e il perdurante stato di inferiorità attestato dalla scarsa presenza femminile rispetto a quella maschile nelle maggiori antologie di racconti australiani, porterà alla loro problematica assunzione nel canone.
Il lavoro si articola in due parti: la prima documenta l'incidenza delle autrici nell'ambito di una fioritura autoctona del genere short story e l'emergere di un punto di vista femminile nella fase coloniale (1845-1900); la seconda è dedicata alle scrittrici che pubblicano le loro raccolte nel periodo che va dalla costituzione del Commonwealth australiano (1901) al 1944. L'anno di pubblicazione della seconda raccolta di K.S. Prichard (1944) viene considerato un punto di arrivo, seppur provvisorio, perché da un lato sembra venire ormai riconosciuto il rilievo conquistato dalle scrittrici, dall'altro, nell'era Menzies (e negli anni della Guerra Fredda) si constata una certa rarefazione dell'impegno delle donne nel genere breve.
Sia nella prima che nella seconda parte si è voluto prediligere, nella scelta dei racconti da analizzare, quelli incentrati sul rapporto tra uomini e donne e quelli in cui emergono personaggi femminili di una certa statura che, nonostante i soprusi e le sopraffazioni inferti dagli uomini, dimostrano quotidianamente la propria forza e il proprio coraggio.
Sebbene i racconti delle scrittrici prese in esame nella prima parte (Mary Vidal, Ellen Clacy, Augusta Chads, Mary Fortune, Ada Cambridge, Tasma) non presentino caratteristiche tecnicostrutturali innovative - la narrazione è di stampo realista con un narratore onnisciente e un trattamento tradizionale della convenzione temporale - nella tesi viene dato loro ampio spazio per la rappresentazione-focalizzazione di personaggi femminili di notevole spessore che rivendicano la propria identità/diversità e protestano contro la condizione di dipendenza e sfruttamento in un legame matrimoniale socialmente imposto. Il tema del rapporto conflittuale tra uomo e donna si ritrova poi, approfondito e sviluppato, nei racconti delle scrittrici moderne (Baynton, Richardson, Stead, Prichard, Barnard), nei quali si evidenzia una progressiva analisi di psicologie femminili dall'infanzia all'adolescenza alla maturità (Richardson, Barnard), l'adozione frequente di tecniche moderniste (Baynton, Stead, Barnard, Prichard), l'utilizzo di una simbologia ricca e complessa (Barnard, Prichard), o si rileva l'adesione all'impegno ideologico-politico-sociale (Prichard, Stead).
I racconti analizzati nella prima parte della tesi appartengono a generi narrativi in voga nella seconda metà dell'Ottocento: "moral tales", "courtship and marriage tales" (o "romances"), "detective stories". Nonostante questi (sotto)-generi godessero di scarsa considerazione letteraria, poiché costituivano una letteratura "leggera" e di svago, rivolta quasi esclusivamente ad un pubblico femminile, si segnalano tuttavia un primo accenno di introspezione e analisi della psicologia femminile che anticipa quella nei racconti delle scrittrici del Novecento.
Le scrittrici i cui racconti vengono analizzati nella seconda parte della tesi sono, con l'esclusione di Barbara Baynton, conosciute più come romanziere che come autrici di short stories. Si è tuttavia voluto mettere in evidenza come nei racconti, con un'intensità forse maggiore, dovuta al passo breve e alla natura altamente selettiva del materiale narrativo, vengano trattati temi e motivi sviluppati ampiamente nei romanzi.
Dei racconti di Barbara Baynton si è sottolineata quindi la veemenza (proto-femminista) con cui la scrittrice denuncia la natura ostile e alienante del bush che accentua e sembra condizionare la violenza e brutalità dei bushmen, e l'estrema vulnerabilità della donna in un ambiente da cui si sente perennemente esclusa e minacciata e dove i ruoli obbligati di moglie e madre sono resi impossibili e/o insignificanti.
Nella trattazione dei racconti di Henry Handel Richardson si è osservato come la scrittrice abbia dato particolare rilievo allo scavo psicologico delle protagoniste colte in momenti cruciali del processo di formazione individuale (dall'infanzia all'adolescenza), e alla dura critica di una società patriarcale e maschilista che rinchiude le donne nella gabbia di ruoli socialmente prestabiliti.
Anche nell'analisi dei racconti di Christina Stead, oltre a porre l'accento sulla natura sperimentale e complessa dell'unica raccolta organica della grande romanziera, i Salzburg Tales, si è voluto dare risalto a quelli in cui i personaggi femminili si scontrano con e si ribellano a regole ed imposizioni maschili, spesso pagando un alto prezzo per le loro scelte coraggiose ed anticonformiste.
Nei racconti di K.S. Prichard, annoverata tra i maggiori rappresentanti del "social realism", si è riscontrato sul piano formale un'interessante combinazione di simbolismo e realismo, e sul piano tematico una sorta di contraddizione tra la rivendicazione del diritto all'indipendenza e all'emancipazione dei personaggi femminili e la rinuncia a mettere in discussione il loro ruolo di mogli e madri.
Infine nella trattazione dei racconti di Marjorie Barnard si è osservato come il genere abbia ormai "metabolizzato" tecniche moderniste, con un uso sofisticato del monologo intcriore e dello stream of conciousness per esplorare i meandri della mente delle protagoniste i cui pensieri, sogni, emozioni, sensazioni sostituiscono il plot dei racconti tradizionali.
The thesis aims at illustrating and exploring the contribution of Australian women writers to short fiction and at underlining their achievements, both quantitative and qualitative, within a highly masculinist culture. Since the early colonial period the "bushman" and the "gold-digger" have been elected in Australia as mythical representatives of the country, and the ethos of mateship has acquired an almost legendary meaning, while women, on the other hand, have been relegated to a domestic, marginai and subaltern sphere. From the second half of the nineteenth century on, the short stories of Australian women writers reveal therefore the slow and difficult redemption from this condition which will bring to their inclusion in the canon, in spite of continuai constraints and an everlasting inferior consideration, as attested by the scarce number of women, compared to men, in the major anthologies of Australian short stories.
The work is divided into two parts: the first part documents the presence of women writers within the scope of the rise of an autochthonous short story genre, and the emergence of a female point of view during the colonial period (1845-1900); the second part is devoted to women writers who published their collections in the period between the institution of the Australian Commonwealth (1901) and 1944. 1944, the year of K.S. Prichard's second collection's issue, is regarded as a point of arrivai, although temporary, because, on the one hand, the importance of women writers seems to be by now acknowledged; and, on the other hand, in the Menzies era (and in the years of the Cold War) women seem to be gradually less involved with short story writing.
Both in the first and in the second part particular emphasis has been given to the short stories centred on the man-woman relationship and to the ones in which female characters of a certain stature emerge and display, in spite of men's abuses and exploitations, unfailing strength and courage.
Although the short stories by women writers taken into account in the first part (Mary Vidal, Ellen Clacy, Augusta Chads, Mary Fortune, Ada Cambridge, Tasma) do not present innovative technical and structural features - the narration is realistic with an omniscient narrator and a traditional time structure - they are widely dealt with in thè thesis because they focus on interesting female characters who claim their own identity/diversity and protest against dependence and exploitation within a socially imposed matrimoniai bond. The subject of the conflicting relationships between men and women will later be found, investigated and developed in the stories by modern women writers (Baynton, Richardson, Stead, Prichard, Barnard) whose main features are the analysis of female psychology, from childhood to adult age (Richardson, Barnard), the frequent adoption of modernist techniques (Baynton, Stead, Barnard, Prichard), a rich and complex symbology (Barnard, Prichard), or an ideological-political-social commitment (Prichard, Stead).
The short stories examined in the first part of the thesis belong to narrative genres which spread in the second half of the nineteenth century: "moral tales", "courtship and marriage tales" (or "romances"), "detective stories". Although these (sub)-genres had little literary value, because they were regarded as "light" and escape literature, addressed to an almost entirely female audience, they present nevertheless hints of introspection and analysis of female psychology which anticipate those found in the short stories of XX century women writers.
The women writers whose stories are investigated in the second part of the thesis are, with the exception of Barbara Baynton, better known as novel writers than as short story writers. However, it has been underlined in the thesis that their short stories, with a deeper intensity, due to the short pace and the highly selective nature of the narrative material, deal with themes and motives widely developed in the novels as well.
Particularly noteworthy in Barbara Baynton's short stories is the (proto-feminist) vehemence of the writer's decry of the hostile and alienating nature of the bush, which heightens and seems to determine the bushmen's violence and brutality, and of the utmost vulnerability of women in an environment from which they are defnitely banished and threatened and where thè enforced roles as wives and mothers are made impossible and/or meaningless.
In the treatment of Henry Handel Richardson's short stories I have observed thè particular relevance given by the writer to the psychological analysis of her female protagonists, taken in cruciai moments of the process of self formation (from childhood to adolescence), and to thè sharp criticism of a patriarchal and masculinist society which closes women in a cage of socially imposed roles.
The chapter examining Christina Stead's short stories focuses both on the experimental and complex nature of the Sakburg Tales, the only organic collection of the great novelist, and on thè portraits of female characters who clash with and rebel against male rules and impositions and pay a high price for their brave and nonconformist choices.
The short stories of K.S. Prichard, among the major representatives of "social realism", have revealed, on a structural level, an interesting combination of symbolism and realism, and, on a thematic level, a sort of contradiction between the female characters' claim to independence and emancipation and their unwillingness to question their roles of wives and mothers.
Finally, in the chapter centred on Marjorie Barnard's short stories I have underlined that thè gerire has by now "metabolised" modernist techniques, with a sophisticated use of thè interior monologue and the stream of consciousness to explore the twists and turns of the protagonists' minds, whose thoughts, dreams, emotions and feelings substitute the plot of the traditional short stories. |
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