Abstract:
Posizionate nei complessi templari e negli ambienti religiosi fin dalle epoche più antiche, le rappresentazioni delle divinità hindū hanno da sempre goduto di un notevole prestigio, giungendo a conquistare – in epoca moderna – gli spazi del mercato popolare e diffondendosi, in forma di stampe litografiche, cromolitografiche e fotografiche, nei maggiori esercizi commerciali indiani, con un posto di riguardo nel bazaar. Un tale inserimento di mercato è stato reso possibile dalle innovazioni tecnologiche che in epoca coloniale hanno animato e suggestionato la produzione artistica in India, conducendola - in ambito figurativo - a soluzioni nuove, originali, di successo, e per certi versi con sviluppi difformi rispetto quanto stava avvenendo in Europa. Difatti, se qui la riproduzione meccanica minava l’unicità dell’opera d’arte, nel contesto indiano, nel periodo oggetto di indagine, i mezzi tecnologici sembrano operare in senso inverso, assicurando la popolarizzazione e al contempo il successo delle opere d’arte.
Il presente studio, pertanto, intende analizzare gli sviluppi tecnici che segnarono la scena artistica indiana tra il XIX e il XX secolo, con particolare riferimento all’elaborazione della specifica iconografia delle divinità hindū. Prendendo in esame il ruolo e la potenza figurativa delle rappresentazioni antiche e analizzandone gli sviluppi iconografici - temi ai quali è dedicata una trattazione teorico-concettuale nei capitoli preliminari del lavoro -, ci si propone di esaminare le modalità attraverso le quali le iconografie religiose hanno acquisito popolarità grazie alla riproducibilità meccanica e grazie alla loro diffusione attraverso i mezzi a stampa.
Allo scopo di soddisfare tali intenti, la ricerca prende come riferimento principale l’opera di Raja Ravi Varma (1848-1906), uno dei primi pittori accademici indiani del XIX secolo. La popolarità dell’artista si amplifica quando, nel 1894, istituisce la propria stamperia d'arte a Bombay (Mumbai), allo scopo di sfruttare le moderne tecnologie meccaniche per riprodurre e diffondere copie cromolitografiche dei propri lavori, in particolare dei dipinti a soggetto puranico e mitologico. La stamperia di Raja Ravi Varma - tra i pionieri dell’attività di riproduzione a stampa - e le altre che vanno fiorendo negli anni successivi saranno responsabili della nascita di un nuovo genere artistico tuttora molto apprezzato, la cosiddetta calendar art, disseminata nei bazaar delle maggiori città indiane e principalmente animata dalle rappresentazioni delle divinità hindū. Tale successo nel Subcontinente conferma il ruolo delle nuove tecniche di riproduzione nel determinare la fortuna iconografica di peculiari soggetti artistici. È su questa base, dunque, che il principio guida della ricerca si è avvalso della tesi elaborata dall’intellettuale tedesco Walter Benjamin ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1935), nel tentativo di operare una distinzione tra le conseguenze che i mezzi meccanici hanno attuato nelle produzioni d’arte di Europa e India. Infatti, se l’argomentazione del critico berlinese – che ravvisa nella riproducibilità la causa della perdita dell’aura dell’opera d’arte - è applicabile all’arte moderna europea del XIX secolo, ciò potrebbe essere messo in discussione nel caso indiano, dove la riproduzione si rivela essere un’occasione di consacrazione per gli artisti, come dimostrato dall’attività di Raja Ravi Varma. Proprio in virtù dell’ampia diffusione odierna di tali stampe iconografiche, che dal primo contesto d’origine, il bazaar, hanno occupato innumerevoli spazi pubblici e privati, il presente lavoro intende gettare le basi per studi e ricerche future che potrebbero guardare alle modalità del consumo popolare di tali rappresentazioni e alla tipologia del pubblico fruitore.