Abstract:
Tra gli anni cinquanta e settanta la malattia di Minamata, una sindrome neurologica causata da ingestione di pesce e molluschi contaminati da un composto di mercurio organico, mise in discussione la relazione tra uomo e ambiente nel Giappone post-bellico. Oggi a Minamata i luoghi interessati dalla contaminazione, o indirettamente legati ad essa, divengono terreno di scontro tra prospettive differenti sulla gestione della malattia e sulla società, sia locale che “giapponese”. Ho svolto la mia ricerca etnografica in un villaggio di Minamata altamente colpito dagli effetti della contaminazione sul corpo e sull’ecosistema marino. Nelle narrative locali, i cambiamenti del corpo si intrecciano ai mutamenti nell’equilibrio dell’ecosistema, dovuti sia ad un agente esogeno che a processi endogeni alla società regionale, di matrice economica e culturale, che solitamente confluiscono nel termine “modernizzazione”. Ciò che emerge nel linguaggio della memoria è una forte giustapposizione tra corpo e paesaggio; per quest’ultimo mi atterrò alle intuizioni e al quadro teorico impiegato da Tim Ingold, in particolare alla sua definizione di taskscape. Dal canto suo, il malato introflette nel suo corpo non solo gli assunti e le pratiche locali riguardanti la malattia e la salute, ma anche gli strumenti medici, burocratici e le strategie politiche che lo stato impiega per definire e controllare il corpo malato. Il corpo, come concepito dall’antropologia medica critica, è agito dalle (e agisce sulle) relazioni di potere entro cui definisce ed è definito, al contempo partecipando attivamente ai processi locali di memorializzazione e oblio della malattia di Minamata.