Abstract:
A circa un ventennio di distanza dalla questione de ara Victoriae (384), che vide contrapporsi il senatore pagano Simmaco (rel. 3) e il vescovo di Milano Ambrogio (epist. 73), si colloca il Contra Symmachum (o Contra orationem Symmachi secondo parte della tradizione manoscritta) di Aurelio Prudenzio Clemente. La sua peculiare configurazione in due libri di diseguale lunghezza e contenuto, la apparente divergenza fra gli scarni riferimenti cronologici interni al testo e la difficoltà riscontrata dalla critica nell’individuare l’avvenimento o la situazione che abbia motivato la composizione dell’opera sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il Contra Symmachum un testo enigmatico. Soltanto il secondo libro dell’opera consiste in una confutazione metodica della relatio tertia di Simmaco; il primo presenta invece i tratti di un encomio dell’operato dell’imperatore Teodosio e di un’invettiva rivolta contro il culto delle divinità tradizionali di Roma, e per questo ha suscitato minore interesse da parte della critica.
Il presente lavoro ha lo scopo di fornire un testo criticamente rivisto, una nuova traduzione italiana e un commento linguistico-letterario, oltre che filologico, al primo libro del Contra Symmachum, per portare in luce gli aspetti che legano l’opera alla congerie culturale che ne ha motivato la stesura da parte di Prudenzio, con particolare attenzione al problematico rapporto con la poesia di Claudiano e Paolino di Nola.