Abstract:
Da cinquant’anni Taiwan vive un crescente isolamento diplomatico e, con la rombante ascesa della Cina Popolare, la sua voce nello scenario geopolitico mondiale si è fatta quasi inudibile.
Se dopo l’uscita dall’ONU, le normali relazioni da Stato a Stato sono precluse, Taiwan si è orientata verso una più sottile forma di diplomazia commerciale ma anche culturale, così da mantenere lo status di Nazione del primo mondo attraverso la produzione di cultura e pensiero moderno. All’interno di questa strategia vitale, il Padiglione Taiwan alla Biennale di Venezia è uno spazio prezioso, che viene curato con rara attenzione proprio perché è uno dei pochi canali stabili che Taiwan ha di affermare fisicamente la propria esistenza al di fuori dei suoi confini. È dunque un luogo per narrarsi all’altro e, nel farlo, diviene occasione per ri-interrogarsi e ri-creare l’identità taiwanese, un concetto nient’affatto scontato per una nazione così giovane e contestata.
Questa tesi concepisce quindi il Padiglione come luogo d’espressione di una complessa narrazione nazionale. Parte dunque dall’analizzare il soggetto (l’isola di Taiwan, il suo contesto storico, etnico e politico), gli strumenti narrativi (i linguaggi e il panorama artistico in cui gli artisti si trovano ad operare) e infine li utilizza come chiavi per tentare una lettura dei Padiglioni del 2015 e del 2017.