Abstract:
Sfogliando le pagine della storia del Novecento le nostre menti vengono scosse da una serie di atrocità collettive in completa contraddizione con l’idea di modernità e progresso civile. Il testo indaga i fattori di rischio che la modernità può comportare, in particolare la disumanizzazione degli individui. Galimberti definisce la tecnica “l’essenza dell’uomo moderno”, essa è nutrita di una razionalità calcolante che ci ha permesso di raggiungere importanti conquiste volte alla determinazione dell’innalzamento della qualità di vita dell’uomo. Tuttavia, essa trascura un aspetto fondante la natura umana: la qualità emozionale. “Dobbiamo costruire le coordinate per vivere nel mondo della tecnica, nel tentativo disperato di salvare la nostra anima!”: è necessario ricercare i fattori di protezione che ci permettano di scongiurare gli effetti disumanizzanti della tecnica. I fattori protettivi individuati sono la memoria, una memoria dinamica che ci interroghi continuamente. Inoltre, è indispensabile intervenire nelle relazioni sociali. È infatti solo partendo dalla relazione con l’altro come Volto - individuo specifico – che si può estendere la responsabilità provata nei suoi riguardi al genere umano. Solo quando ciascun individuo si sentirà responsabile di tutti gli altri si potrà raggiungere la giustizia sociale. Il lavoro sociale volto alla creazione di relazioni significative possiede due scopi: uno a livello microscopico, riguardante l’aiuto concreto fornito all’individuo attraverso la creazione di una rete di sostegno personale; e un aspetto macroscopico che tenta di ricondurre l’attenzione sulla relazionalità e sull’emotività dell’incontro con l’altro, allo scopo di ritrovare l’umanità perduta.