Nel corso della sua lunga esistenza la Repubblica di Venezia ha sempre guardato a Oriente con rinnovata attenzione. Dall’iniziale, difficile rapporto con Bisanzio, ai sempre più vitali interessi commerciali, dai traffici con il Levante e la conseguente necessità di mantenere possedimenti lungo le rotte del Mediterraneo orientale, ai rapporti con le colonie veneziane stabilmente insediate nelle località strategiche dell’Asia Mediterranea. La continua spinta verso Oriente alla ricerca di nuovi spazi per nuovi commerci ha rappresentato per Venezia una priorità. Di tali viaggi ed esplorazioni rimane una copiosa messe di narrazioni, giornali di bordo, resoconti di prima o seconda mano, l’insieme dei quali costituisce, se non propriamente un genere autonomo nella letteratura veneziana, quanto meno un corpus ricchissimo di notizie, di informazioni, di descrizioni. Questo prezioso materiale, se da un lato permise di ampliare le relazioni commerciali, dall’altro contribuì all’acquisizione, da parte della società veneta, di interessanti descrizioni di popoli, paesi e culture lontane, con usi e costumi ancora poco (o per niente) conosciuti, favorendo così l’avvio, in età moderna, di un delicato processo culturale che culminò con importanti aperture della cultura occidentale nei confronti delle nuove e diverse “civiltà dell’Oriente” fondate su valori e tradizioni non facilmente assimilabili dalla società europea del tempo. Testimone di questo spirito fu Ambrosio Bembo, giovane patrizio veneziano, protagonista e narratore di un viaggio assai singolare compiuto in quattro anni, nella seconda metà del Seicento, da Venezia all'India e ritorno, accuratamente descritto nel suo Viaggio e Giornale per parte dell’Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo Nobile Veneto. Il presente lavoro di ricerca ha inteso analizzare in profondità il resoconto del Bembo, anche in ambito comparativo con altre fonti odeporiche coeve, ponendo in rilievo i molteplici riferimenti che possono esservi colti come indici di un’attenzione tutta particolare ai temi del confronto culturale e della rappresentazione dell’Alterità.
During its long existence the Republic of Venice always considered the East with renewed interest. From its initial, difficult relationship with Byzantium to its more and more vital commercial interests, from its trades with the Levant and the consequent need to keep its possessions by the routes in the eastern Mediterranean Sea, to its relationships with the Venetian colonies, which were stably settled in the Mediterranean Asia. The continuous expansion to the East in search of new territories for new trades represented a priority for Venice. Of such travels and explorations a copious quantity of tales, journals, first or second-hand reports have survived; all of them represent, if not really an autonomous genre in the Venetian literature, at least a corpus very rich in news, information and descriptions. The precious materials if, on one hand, increased the trades, on the other hand helped the Venetian society to acquire interesting descriptions of peoples, countries and far cultures, having customs which were still little (or not at all) known; so doing, they helped the beginning, in the modern age, of a delicate cultural process which culminated in an important sensitivity by the western culture towards the new and different “civilizations of the East”; those ones were established on values and traditions which were not easily assimilable in the European society of that time. A witness of that spirit was Ambrosio Bembo, a young Venetian patrician, a protagonist and a narrator of a very peculiar journey that he had been accomplishing in four years, in the second half of the Seventeenth century, from Venice to India and back. His journey is carefully described in his Viaggio e Giornale per parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo Nobile Veneto. The present work of reasearch has intended to analyse Bembo's report deeply, even in comparison with other contemporary sources on travel literature, giving importance to the multiple references which can be caught as a sign of a peculiar interest for the themes of the cultural comparison and the representation of the Otherness.