Abstract:
Questa ricerca analizza come il male venga rappresentato nella letteratura dei testimoni della Shoah, cioè di coloro che, sopravvissuti alla Catastrofe, affidarono alla parola scritta il loro vissuto traumatico, in particolare nella forma della poesia e del romanzo. Inoltre, integra questa analisi attraverso alcuni testi scritti da autori che si recarono in Europa, negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale, come volontari nei campi profughi. Da queste fonti emergono delle riflessioni molto significative sul rapporto tra le vittime e i loro persecutori con particolare riferimento alla delicata questione dei 'collaboratori'; inoltre viene evidenziata la frattura creata dallo scoppio della guerra nella vita dei perseguitati e il totale sconvolgimento dell'idea stessa del male che avviene nell'universo concentrazionario. La letteratura della Shoah, qui utilizzata come strumento di ricerca antropologica, permette inoltre di ampliare gli studi sull'immagine e il ruolo dello sterminio nella società Israeliana, nei quali troppo spesso i testimoni vengono messi in secondo piano. Questa ricerca dimostra, infatti, come i romanzi e le poesie composti sul tema della Shoah siano fortemente legati alla costruzione della Memoria e soprattutto alla sua trasmissione. Infine, basandosi non solo su materiale scritto in lingua ebraica, questo studio sottolinea l'intrinseca trasversalità linguistica della letteratura della Shoah e quindi l'esigenza di ampliare le opere di traduzione così come la necessità di una approfondita e rinnovata critica letteraria che funga da supporto, anche ai fini didattici, per la lettura di queste testimonianze nella contemporaneità.