Abstract:
La parola schiavitù ci evoca alla mente la storia passata, il popolo egizio, la rivolta guidata da Spartaco a Roma, la tratta degli schiavi trasferiti dall' Africa all'America, le piantagioni di cotone e cacao, le colonie. Può sembrare incredibile per noi che viviamo in un Paese dove la cultura dei diritti umani ha radici solide, eppure accanto a noi, spesso invisibili ai nostri occhi, vivono uomini, donne e bambini costretti alla sofferenza in condizioni di vita durissime. Non hanno identità, lavorano senza alcuna tutela, trascinando la loro esistenza tra strade, campi, e lavori per lo più illegali, sottopagati, sfruttati. La nuova schiavitù prende il nome di prostituzione, accattonaggio, sfruttamento lavorativo e tratta di esseri umani. Nelle città moderne non esiste più la riduzione in schiavitù di una volta, quindi quella legata al concetto di totale privazione di libertà di una persona, ma le nuove forme di schiavitù sono forme molto più articolate che si basano sull'idea per la quale una persona potrebbe avere un'apparente liberà ed essere sostanzialmente invece soggiogata ad altre persone.
La tratta di persone è una realtà sociale molto complessa e in continua evoluzione, che si configura come una violazione dei diritti umani fondamentali della persona, del suo diritto alla libertà e all'autodeterminazione. La possibile presenza di vittime di tratta all'interno dei circuiti dei richiedenti protezione internazionale e lo scivolamento dei richiedenti asilo nel circuito della tratta sono fenomeni tipici ascrivibili al carattere complesso dei flussi migratori.
Diventa indispensabile per gli operatori del settore, per la salvaguardia dei diritti delle vittime, sostenere i richiedenti e titolari di protezione internazionale vittime di tratta, o presunte tali, nei percorsi di accoglienza e di inclusione sociale, integrando i due sistemi, richiedenti asilo e rifugiati, e vittime di tratta. Si tratta di percorsi che necessitano di un sempre maggior confronto, scambio e collaborazione, per raggiungere consapevolezza della necessità di mettere insieme i due sistemi di tutela, e rendere l'azione più efficiente, non alternativa ma cumulativa.