Abstract:
Questo lavoro intende analizzare i rapporti delle organizzazioni ebraiche con il regime nazista, e la loro condotta di fronte alle politiche di esclusione e persecuzione degli ebrei tedeschi nel dodicennio del Terzo Reich, esaminando specificamente il processo di assorbimento della Reichsvereinigung der Juden in Deutschland (RVJD) da parte delle istituzioni naziste, le quali in-dussero gradualmente tale associazione a una cooperazione forzata che sfibrò il tessuto sociale e morale ebraico-tedesco, conducendo alle deportazioni.
Al fine di ricostruire questo scenario di coercizione, accanto al materiale d’archivio della RVJD, si sono considerati gli Ego-Dokumente (memoirs, lettere personali, deposizioni e interrogatori di funzionari e impiegati della RVJD e di individui comuni che rientrarono nella zona di influenza di questa associazione), e il “materiale giuridico-letterario” costituito dalle dichiarazioni e dagli interrogatori dei sopravvissuti in occasione di processi penali o indagini interne alle Comunità Ebraiche nel dopoguerra, nella convinzione che solo grazie a queste fonti (“documents of life”) sia possibile rendere conto della struttura sociale e del modo di percepire intimamente la tragicità degli eventi da parte della comunità ebraico-tedesca.
Il tema della collaborazione ebraica divenne di dominio pubblico grazie alle opere di H. Arendt (Eichmann in Jerusalem, prima edizione New York - London 1963) e di R. Hilberg (The Destruction of the European Jews, prima edizione Chicago/London 1961), che tracciarono uno schema etico generale di cooperazione dei funzionari ebraici, responsabilizzando spesso indebitamente queste figure e identificando troppo sbrigativamente la RVJD e gli Jüdenräte (Consigli ebraici) dell’Europa centrale.
È possibile affermare che la RVJD elaborò una forma non violenta di resistenza alle persecuzioni naziste, sostenendo le attività di aiuto sociale in favore degli ebrei tedeschi estromessi dal welfare del Reich, dal momento che l’aperta opposizione al regime comportava ritorsioni fatali, sebbene non di rado durante le operazioni di deportazione gli esponenti della RVJD fossero percepiti dai loro correligionari come “diretti persecutori”, trovandosi poi in gravi dilemmi morali. Le testimonianze dimostrano altresì che non esiste un unico modello di reazione delle organizzazioni ebraiche alle imposizioni del governo nazionalsocialista, bensì differenti tipologie di risposte basate sulla personalità dei dirigenti, sull’etica delle loro decisioni, sui loro processi psicologici e su dinamiche radicate nella società tedesca.
Infine, taluni luoghi di Berlino, centro nevralgico dell’ebraismo tedesco e al contempo della persecuzione antiebraica, sono stati studiati come teatro di specifici stadi della coercizione e di eventi decisivi della storia della RVJD: sono così diventati le coordinate che articolano la sezione principale di questa ricerca, ovvero una topografia della cooperazione forzata.