Abstract:
Gli sviluppi della tecnologia, dell’informatica e dei sistemi di comunicazione, la liberalizzazione dei mercati, la diffusione della conoscenza e l’innalzamento del livello culturale e della qualità di vita di parte della popolazione mondiale, hanno nel tempo trasformato l’ambiente in cui le imprese sono chiamate a competere l’una con l’altra.
Oggigiorno, infatti, è possibile considerare l’esistenza di un’unica arena competitiva globale, che appare sostituire per importanza, opportunità e ovviamente per dimensione, l’idea di mercato fino a non molte decine di anni fa predominante.
In questo contesto, naturale è stato l’affermarsi di un modello di impresa di tipo internazionale, sistema aziendale che alla base delle proprie attività ha il concetto di abbattimento e superamento dei confini territoriali nazionali.
Migliaia sono state le imprese di ogni dimensione che in tutto il mondo hanno deciso di delocalizzare la propria produzione in Paesi i cui vantaggi comparati e le cui condizioni politiche, sociali ed economiche potessero permettere di realizzare maggiori profitti, soprattutto a fronte di notevoli risparmi nei costi.
Ciononostante, negli ultimi anni ricercatori ed economisti hanno cominciato a discutere dell’esistenza di un particolare fenomeno di controtendenza, definito back-reshoring, di rientro nazionale e di rilocalizzazione delle produzioni - precedentemente trasferite - nei Paesi d’origine.
Secondo gli studiosi, alla base di tali comportamenti ci sarebbero due principali ordini di motivazioni: uno di tipo quantitativo, in virtù di una sostanziale delusione circa gli effettivi vantaggi di costo realizzati, l’altro più qualitativo, conseguentemente ad un ripensamento della catena del valore aziendale, e quindi di un’attribuzione di importanza maggiore a fattori quali la qualità del prodotto e l’immagine dell’impresa.
Per la prima volta indagato negli Stati Uniti, attualmente anche in Italia si contano numerosi casi di back-reshoring, specialmente nei settori del tessile e del calzaturiero, e si prospetta che col passare degli anni, anche in virtù di una probabile diffusione di politiche protezionistiche, questo numero possa solamente essere destinato a crescere.