Abstract:
A partire dal dibattito sorto attorno al tema della secolarizzazione tra K. Löwith e H. Blumenberg, questa tesi si propone di analizzare il rapporto che lega cristianesimo e modernità superando l'alternativa tra la riduzione del moderno a secolarizzazione del cristianesimo e l'affermazione unilaterale della sua autonomia.
Löwith sostiene che le concezioni dell'uomo e del mondo, le filosofie della storia e gli orientamenti valoriali dell'età moderna siano essenzialmente un cascame mondanizzato del cristianesimo; Blumenberg invece attribuisce al moderno originalità e legittimità, perché risponderebbe alle questioni lasciate in eredità dal passato attraverso elaborazioni originali e autonome. La modernità non sarebbe quindi una mondanizzazione del cristianesimo, ma una "rioccupazione" delle posizioni lasciate da esso vacanti. Blumenberg sviluppa inoltre una critica del "teorema della secolarizzazione" che ne individua il sotteso atteggiamento antimoderno e il larvato sostanzialismo storico.
Tuttavia, il modello della "rioccupazione di funzioni" ch'egli propone fatica a porsi come efficace alternativa alla tesi della secolarizzazione, perché questa può facilmente ridurlo a un suo caso particolare. Le differenze tra le figure teologiche e quelle moderne che Blumenberg sottolinea come prove dell'irriducibilità delle une alle altre diventano così esattamente il prodotto della secolarizzazione.
Per salvare il contributo di Blumenberg da questo capovolgimento occorre articolare la relazione tra cristianesimo e modernità in modo tale che il riconoscimento del loro legame non comporti ipso facto la delegittimazione dell'età moderna. A questo scopo procederemo con una ricognizione della teologia cristiana delle origini, dove la dialettica tra escatologia e provvidenza, tra rifiuto del mondo e sua inclusione nel piano divino di salvezza porta già all'emergenza di una tendenza mondanizzatrice tutta interna al cristianesimo. Vedremo poi come alcune importanti voci teologiche del Novecento abbiano riconosciuto nella secolarizzazione una vicenda tutta interna al cristianesimo.
Su queste basi potremo dunque rivedere il rapporto tra cristianesimo e modernità inquadrandolo nel "processo di razionalizzazione" che M. Weber ha proposto come modello della tendenza generale su cui le culture e le società occidentali si sono mosse. Il cristianesimo si mostrerà allora come un agente di tale processo, che attraverso le proprie strutture teologiche ha contribuito a istituire la "mondanità" del mondo da cui la coscienza moderna ha poi preso le mosse. In questo senso la modernità risulta impensabile senza il cristianesimo, ma non si trova gravata da alcuna ipoteca, perché diventando a sua volta agente del processo di razionalizzazione relega la religione cristiana nella sfera dell'irrazionale e dell'ineffettuale.