Abstract:
La tesi analizza la vita e le opere di Emilio De Marchi alla luce del filo conduttore dell'intero elaborato, ovvero l'approccio complesso e poliedrico dell'autore alla realtà. Nella prima sezione della tesi, ciò viene argomentato a partire da una capillare ricognizione degli eventi biografici, in relazione anche alle numerose attività lavorative intraprese nel corso della sua vita (scrittore, insegnante, giornalista, critico letterario, vari ruoli nell'amministrazione pubblica). Nella seconda sezione dell'elaborato, il sottotesto concettuale della tesi è esplicitato sia attraverso una panoramica dettagliata del carattere sfaccettato della sua intensa produzione letteraria (romanzo, saggistica, poesia, romanzo d'appendice, novellistica, teatro), sia per mezzo di un'approfondita riflessione sull'eterogeneità degli autori e dei movimenti letterari che hanno concorso ad influenzare profondamente la penna demarchiana.
La terza sezione della tesi si focalizza, infine, sull'esemplificazione dell'attitudine polifonica (discussa nei precedenti capitoli) mediante un confronto diretto con i testi. Attraverso il singolare sviluppo di alcuni dei personaggi principali delle opere di De Marchi, si denota come la loro elaborazione prenda le distanze da scrittori affini a De Marchi per vocazione letteraria e collocazione cronologica (ad esempio Verga). Ciò non solo conduce ad esiti innovativi ed interessanti, ma concretizza la difficoltà (se non l'impossibilità) di ricondurre l'autore entro schemi critico-letterari prestabiliti, convalidando pertanto la percezione di De Marchi come "autore di confine".
Proprio in virtù di un'attitudine così diversificata e recettiva nei confronti del complesso dispiegarsi della realtà, la pluralità dello sguardo psicologico con cui De Marchi osserva e racconta il mondo assurge a ruolo funzionale di originale e notevole risorsa espressiva la quale permette di cogliere, ad un livello interpretativo più profondo, interconnessioni ed assonanze inattese e stimolanti, anche con autori criticamente e cronologicamente distanti dall'universo demarchiano. Quest'ultima evidenza è sviluppata, nei capitoli conclusivi della tesi, su due fronti.
Per il primo, oggetto del penultimo capitolo, si procede con parallelismi e differenze tra i principali riferimenti iconici del ciclo dei vinti di De Marchi (Demetrio, Arabella e Giovanni) e la futura declinazione dell'evoluzione del "vinto", ovvero la figura dell'inetto di Italo Svevo e di parte dei movimenti letterari correlati del Novecento.
Per il secondo fronte, preso in esame nell'ultimo capitolo dell'elaborato, si intraprende l'analisi e la trattazione di una prospettiva che mette a sistema, tra sintonie e sfumature differenti, gli sviluppi artistici di De Marchi e Eduardo De Filippo concernenti il declino dei valori nella società, la figura del vinto dalla vita ed il rapporto opprimente (talvolta "schiacciante", anche se comunque modulato, in entrambi gli autori, attraverso un uso magistrale dell'ironia) tra l'uomo e le varie istituzioni: siano esse il lavoro, la famiglia o la società stessa.