Abstract:
Nel presente lavoro si prendono in considerazione i principali elementi di novità che caratterizzano l’accordo Basilea II in materia di vigilanza del settore bancario, con particolare attenzione all’introduzione dei sistemi di rating interni che possono essere sviluppati dalle banche per la valutazione dell’affidabilità dei propri clienti. A Basilea I viene riconosciuto il merito di rappresentare uno dei primi interventi sulla strada della regolamentazione del settore creditizio. Il Comitato di Basilea introdusse in seguito alcune modifiche sostanziali attraverso l’emanazione di Basilea II. Basilea II aveva una struttura basata su tre pilastri, e ciò che rileva ai fini del presente lavoro è il contenuto del primo pilastro, ovvero quello relativo ai requisiti patrimoniali minimi. I sistemi di rating interni rappresentano una delle importanti novità introdotte nel primo pilastro. I sistemi di rating interni consentono alle banche di valutare il rischio di credito delle proprie esposizioni e dei propri clienti in maniera più accurata rispetto ai metodi di ponderazione del rischio di credito che erano in vigore prima dell’introduzione di Basilea II. Sebbene lo sviluppo di tali sistemi comporta dei costi che le banche devono sostenere, la loro applicazione determina tipicamente un minore assorbimento del capitale richiesto dalla normativa di vigilanza a fronte delle esposizioni. Tale minore assorbimento di capitale deriva dal minor valore delle attività ponderate per il rischio, che si ottiene attraverso l’applicazione dei sistemi di rating interni rispetto all’applicazione dei metodi previsti da Basilea I e dal metodo standardizzato previsto da Basilea II.
UniCredit, banca leader nel panorama italiano ed europeo, ha sviluppato diverse tipologie di sistemi di rating interni, segmentando la clientela sulla base di criteri dimensionali e di criteri relativi al tipo di attività esercitata. I sistemi di rating interni di UniCredit sono accomunati da una struttura che si basa sulla valutazione di informazioni quantitative, qualitative e andamentali, mantenendo tuttavia ognuno una propria specificità per potersi adattare alle peculiarità delle diverse categorie di clienti. Vengono analizzati i casi di due imprese, clienti di UniCredit, caratterizzate da livelli di merito creditizio opposti, che si riflettono sui livelli di rating loro assegnati.
In letteratura, il tema della valutazione del merito di credito venne preso in considerazione da molti autori, ma gli studi in materia che sono considerati di riferimento sono quelli svolti dal professore ed economista statunitense E. I. Altman a partire dagli anni ’60. Altman teorizzò un indicatore con il quale, prendendo in considerazione un certo numero di variabili aziendali, poteva determinare con sufficiente sicurezza se un’impresa era solida oppure fallita. Il modello studiato da Altman nel 1968, conosciuto come Z-Score, nonché le versioni sviluppate successivamente, sono basati sostanzialmente sulla valutazione di indicatori quantitativi. Tali modelli non comprendono quindi i dati e le informazioni relativi all’analisi qualitativa e all’analisi andamentale che sono invece previste dal Comitato di Basilea e dai sistemi di rating interni UniCredit. E’ necessario tener presente che i modelli di Altman sono dichiaratamente dei modelli descrittivi, che hanno l’obiettivo di analizzare la solidità delle imprese studiate e di classificarle come imprese solide oppure come imprese fallite. Leggermente diversi sono gli obiettivi delle tecniche di valutazione indicate dal Comitato di Basilea e da UniCredit, con la finalità di misurare il rischio di credito delle proprie controparti e delle proprie esposizioni, basandosi su sistemi di tipo probabilistico.