Abstract:
L’evoluzione in atto della dinamica demografica, e la conseguente modificazione dei bisogni di salute della popolazione, con una quota crescente di anziani e patologie croniche, rendono necessario un ridisegno strutturale ed organizzativo del servizio nell’unità cardiologica delle strutture ospedaliere italiane, soprattutto nell’ottica di rafforzare l’ambito territoriale di assistenza, prendendo in esame nello specifico la zona dell’ULSS 7. La modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie abilitate dalla telemedicina nell’unità di cardiologia contribuiscono ad assicurare equità nell’accesso alle cure nei territori remoti, un supporto alla gestione della cronicità, un canale di accesso all’alta specializzazione e una migliore continuità della cura. Il servizio di telemedicina a livello regionale, è un fenomeno ancora in fase di sperimentazione e progettazione caratterizzato da casistica limitata e elevata mortalità dell’iniziativa. Risulta dunque necessaria un’armonizzazione degli indirizzi e dei modelli di applicazione delle telemedicina, quale presupposto alla interoperabilità dei suoi servizi e come requisito per il passaggio da una logica sperimentale a una logica strutturata di utilizzo del servizio di telemedicina. Tale processo non è privo di problematiche, l’approccio moderno prevede di inquadrare i servizi di telemedicina all’interno di interventi strutturati, tesi a riorganizzare determinati processi socio-sanitari, in cui vanno contemplati non solo gli aspetti clinici e tecnologici, ma anche e soprattutto il contesto normativo, professionale ed economico. Gli interventi così concepiti diventano essenziali per il sistema e quindi auspicabilmente troveranno in modo naturale le motivazioni e le risorse necessarie per la loro sostenibilità e per divenire modalità di lavoro abituali e permanenti. Il paziente con device cardiaco impiantabile elettronico, richiede un'assistenza di alta qualità e follow-up regolari per assicurare una performance sicura del device. I controlli ambulatoriali periodici in-hospital non garantiscono l'individuazione tempestiva di un malfunzionamento del dispositivo o di anomalie della funzionalità cardiaca. Una lettura ritardata delle informazioni comporta provvedimenti posticipati e modifiche delle condizioni cliniche del paziente, che ha un ruolo attivo e centrale nel processo ed è qui che entra in gioco il remote monitoring, quale soluzione che in parte permette di superare tale problema. L’elaborato si pone l’obbiettivo di valutare benefici e limiti del monitoraggio da remoto in termini clinici e di efficienza, indagare il livello di soddisfazione dei pazienti e il livello di compliance associato alle cure innovative. Si inquadrerà il ruolo del personale clinico nel sistema, verranno portati ad esempio studi sulla sostenibilità economica e sull’efficacia del servizio. L’osservazione partecipata nell’unità cardiologica di Conegliano ha permesso di giungere a significative conclusioni, ossia come il remote monitoring garantisca qualità nella prestazione erogata, continuità nella cura e sicurezza per il paziente, nonostante la mancanza di presenza fisica. Le due strategie di controllo, in-hospital e in remoto, non sono mutuamente esclusive ma coesistono al fine di rilevare prontamente gli eventi avversi. Verranno portate in risalto alcune zone d’ombra che interessano l’innovazione tecnologica, come la mancanza del rimborso nel territorio italiano e una non adeguata formalizzazione dei compiti e delle responsabilità del personale clinico. L’ospedale di Conegliano è riconosciuto come centro hub per il trattamento dell’infarto miocardico acuto del territorio nord dell’Area Vasta Treviso-Belluno e i centri periferici spoke si organizzano nell’invio al centro hub dei malati che superano la soglia di complessità degli interventi effettuabili a livello periferico.