Brainstorming: an empirical analysis

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dc.contributor.advisor Warglien, Massimo it_IT
dc.contributor.author Bendandi, Andrea <1988> it_IT
dc.date.accessioned 2016-06-15 it_IT
dc.date.accessioned 2016-10-07T07:58:39Z
dc.date.available 2018-01-09T15:34:30Z
dc.date.issued 2016-06-30 it_IT
dc.identifier.uri http://hdl.handle.net/10579/8660
dc.description.abstract Al giorno d’oggi l’abilità di saper lavorare in gruppo è un must-have tra le sof skills nel curriculum di chiunque, quante volte prima di iniziare un lavoro di gruppo abbiamo sentito la frase: “Ok ragazzi, cominciamo con un brainstorming”? È probabile sentire questo genere di frase in diverse situazioni: all’università prima di cominciare un lavoro di gruppo, ad un meeting di lavoro, discutendo con gli amici per scegliere la destinazione delle vacanze e via discorrendo. Molte importanti società sono diventate famose per i loro uso del brainstorming, l’esempio più famoso è Google, dove condividere idee è un leitmotiv, ci sono anche altre importanti aziende come IBM e il suo brainstorming elettronico oppure IDEO, la compagnia che sviluppò il design del primo Apple mouse, ma non dobbiamo andare così lontano per trovare qualcuno che usa il brainstorming, H-FARM a Treviso è diventata famosa per il suo utilizzo massivo di attività di gruppo. Facciamo brainstorming perché crediamo che condividendo le idee e discutendole con altre persone si possa innescare la produttività, alzando alle stelle il numero di idee prodotte. Quest’ultimo è un pregiudizio comune che viene solitamente definito illusion of group productivity, crediamo che la performance di gruppo sia superiore di quella individuale, inoltre percepiamo la nostra personale performance in maniera più efficiente quando lavoriamo in gruppo perché non siamo in grado di distinguere le nostre idee da quelle degli altri (Paulus, Dzindolet, Poletes, & Camacho, 1993). L’idea del brainstorming fu sviluppata alla fine degli anni ’50, da allora molti ricercatori hanno speso il loro tempo cercando di studiare se la comune assunzione dell’efficienza dei gruppi sia vera e se il brainstorming porta effettivamente ad un output superiore in termini di qualità e quantità. Ci sono diverse prove le quali supportano l’idea che condividere idee non sia sempre così efficiente come crediamo, il risultato del group thinking è strettamente legato al modo in cui creiamo i gruppi e quali regole poniamo. Dopo un’introduzione sul brainstorming, discuteremo il concetto supportando le nostre idee con dati empirici i quali derivano da due esperimenti condotti presso l’università Ca’ Foscari di Venezia. Presenteremo dati in parte coerenti con la letteratura e scopriremo che non si può prendere sempre per scontata l’efficienza dei gruppi. it_IT
dc.language.iso it_IT
dc.publisher Università Ca' Foscari Venezia it_IT
dc.rights © Andrea Bendandi, 2016 it_IT
dc.title Brainstorming: an empirical analysis it_IT
dc.title.alternative it_IT
dc.type Master's Degree Thesis it_IT
dc.degree.name Economia e gestione delle aziende it_IT
dc.degree.level Laurea magistrale it_IT
dc.degree.grantor Dipartimento di Management it_IT
dc.description.academicyear 2015/2016, sessione estiva it_IT
dc.rights.accessrights embargoedAccess it_IT
dc.thesis.matricno 855530 it_IT
dc.subject.miur it_IT
dc.description.note it_IT
dc.degree.discipline it_IT
dc.contributor.co-advisor it_IT
dc.provenance.upload Andrea Bendandi (855530@stud.unive.it), 2016-06-15 it_IT
dc.provenance.plagiarycheck Massimo Warglien (warglien@unive.it), 2016-06-27 it_IT


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