Abstract:
L'incontro con il "diverso" è una costante dell'esperienza umana, un problema usuale con cui ogni singola società si è dovuta confrontare. Molteplici sono le accezioni in cui il "diverso" può essere inteso, ma tutte sostanzialmente riconducibili a quella più generale di devianza dalla norma. Sul piano storico, infatti, il "diverso" è colui che si tiene o viene tenuto ai confini della società del proprio tempo; colui che non si identifica totalmente con i valori di riferimento e le regole del corpo sociale al quale appartiene, divenendo anzi spesso l'incarnazione paradigmatica di pulsioni psicologiche e sociali, utile strumento per risolvere problemi interni o per accentuare la forza identitaria della maggioranza stessa. Ebrei e musulmani, stranieri e lebbrosi, eretici e giullari, sono solo alcune delle categorie sociali che nell'Occidente medievale conobbero forme di marginalità, determinate per lo più da fattori geopolitici, economici, religiosi o morali.
Questo studio si propone di tracciare la storia della percezione del "diverso" nell'arte medievale, indagando le forme iconografiche con cui gli individui o i singoli gruppi avvertiti come non integrati sono stati rappresentati da parte di chi rientrava nella norma. Analizzate nei loro contesti, tali fonti iconografiche divengono un'importante testimonianza dell'evoluzione dell'ordine morale e degli schemi mentali del tempo, giacché le immagini di individui in qualche modo "alternativi" tramandateci dagli artisti medievali risultano inevitabilmente condizionate dalla situazione storica in cui furono prodotte e dagli stessi stereotipi e pregiudizi che le hanno filtrate, guidandone più o meno inconsciamente la figurazione. Per questa ragione, tentare di ricostruire le forme della rappresentazione iconografica del “diverso” nell’arte dell’Occidente medievale può fornire, da una prospettiva inusuale ma comunque efficace, l’immagine che la società medievale aveva di se stessa.