Abstract:
In seguito agli attentati terroristici contro gli Stati Uniti dell’11 settembre 2001, l’élite politica statunitense individua in una manciata di nazioni l’”Asse del Male”: tra queste, l’Iraq.
Lo stato mediorientale, dopo la prima guerra del Golfo e più di un decennio di embargo, sembra costituire una minaccia per gli equilibri mondiali: le accuse di complicità e di finanziare i terroristi islamici si uniscono a quelle di essere in possesso di armi di distruzione di massa, in violazione del diritto internazionale e delle sanzioni imposte.
Appare chiaro però che anche il petrolio ha un suo ruolo nella decisione di procedere verso il conflitto: lo dimostrano sia le relazioni che hanno legato USA e Medio Oriente, sia l’importanza che questa materia prima riveste per gli equilibri politici ed economici mondiali.
Questa tesi intende esporre le diverse declinazioni in cui il legame tra guerra in Iraq e petrolio è stato esaminato, vagliando le posizioni che vedono il petrolio come il movente alla base della decisione USA di muovere guerra, grazie alla possibilità di sostenere la crescita della domanda mondiale con una maggiore quantità di greggio sul mercato e aprendo contemporaneamente le frontiere irachene alle compagnie petrolifere straniere; allo stesso modo verranno analizzate anche le valutazioni che considerano l’oro nero solo uno tra i fattori nell’equazione, e certamente non il più determinante, nel provocare lo scoppio della seconda guerra del Golfo.