Abstract:
La presente tesi raccoglie i risultati e le riflessioni elaborate in seguito alla mia esperienza etnografica nella regione etno-geografica della pianura Chaouia. Nello specifico lo studio ha riguardato alcune pratiche coinvolte nella caccia tradizionale che fa uso di due specie animali particolari: il falco pellegrino e lo sloughi, il levriero originario del Maghreb. Obiettivo della ricerca era quello di avvicinarmi alla comprensione delle modalità attraverso le quali un piccolo gruppo di cacciatori tradizionali, la cui associazione ha sede a Deroua (Casablanca) vivono e percepiscono il proprio ambiente socio-ecologico attuale e a livello storico.
La presente ricerca affronta la questione della produzione e riproduzione del proprio ambiente socio-ecologico. Mediante l’impiego di alcune categorie e nozioni teoriche dell’antropologia relazionale e dinamista, viene affrontata la questione di come i nostri rapporti con il teriomorfo possano influenzare il nostro ambiente socio-antropologico, ecologico, ideologico.
Nel corso della trattazione viene evidenziato come la geomorfologia culturale dell’area oggetto di indagine sia intimamente connessa, tanto con la storia ambientale del Marocco, quanto alle fisiologie e alle etologie affrontate delle due specie impiegate nella caccia tradizionale. A partire proprio da questa ipotesi, infatti, tento di sviluppare un discorso etnografico che connetta alcune pratiche venatorie “chaoui” con alcuni tratti geografici ed ecologici. Le riflessioni conducono a individuare nel rapporto uomo-sloughi un rapporto zooantropologico basato sulla reciprocità e su un certo dialogismo. Al contrario, l’altro rapporto indagato, quello esistente tra falconiere e falco, non è possibile identificarlo come altrettanto simmetrico e paritario. In questo caso, tento di dimostrare, attraverso un approccio che fa uso di categorie dell’archetipologia, come sia il cappuccio che viene messo al falco l’elemento materiale che permette il pieno controllo dei sensi e delle capacità motorie del falco: le due caratteristiche, la vista e il volo, che lo renderebbero invece simbolo ascensionale di purezza e regalità. Attraverso poi l’analisi delle leggi che regolamentano le attività cinegetiche in Marocco, affronto il tema del bracconaggio, riflettendo sulla sua relatività e contingenza. L’ingerenza colonialista ha avuto effetti devastanti sull’ecologia marocchina. Tuttavia, il mio tentativo è di dimostrare come sia stato proprio il colonialismo francese a elevare lo sloughi allo status di “cane-principe”, di simbolo culturale, rappresentante teriomorfo della resistenza all’occupante francese. Le conseguenze saranno ecologiche, sociali e storiche. Nel corso della trattazione introduco anche la nozione di “ricognizioni ecologiche del sociale”, in riferimento alle modalità di costruzione e riproduzione del proprio ambiente sociale e geografico, e tratto il discorso inerente alla portata retorica dell’ideologia ambientalista francese imposta agli abitanti e alle ecologie del Marocco. Nella parte conclusiva della ricerca si approda a un discorso di storia dell’ambiente e di critica nei confronti dell’uso che le istituzioni preposte – tanto internazionali quando marocchine – fanno dell’ambiente: oggetto politico, e mai soggetto politico, l’ambiente diviene una nozione astratta, a-storica e miticizzata. Questa visione mitica e a-storica dell’ambiente è alla base della disarticolazione dei rapporti esistenti tra istituzioni e territorio, e ciò che ne può conseguire non è altro che la perpetuazione di incomprensioni, gruppi umani inascoltati e altri favoriti, differenze sociali e problemi ecologici.