Abstract:
L’elaborato tratta dello scambio di informazioni come strumento di contrasto all’evasione fiscale globale. Questo fenomeno rappresenta una violazione intollerabile di norme sostanziali e determina rilevanti perdite di gettito agli Erari nazionali. Nel 2012 la Guardia di Finanza ha stimato che la ricchezza sottratta alle casse degli Stati di tutto il mondo si aggira attorno ai mille miliardi di euro annui. In questo scenario la cooperazione tra le amministrazioni fiscali dei vari Paesi è divenuta strumento imprescindibile per contrastare le attività criminose. Le principali organizzazioni internazionali, quali l’Ue, l’OCSE, il G20 e il Gafi, svolgono un ruolo fondamentale volto appunto all’efficiente scambio di informazioni fra Stati membri e alla regolarizzazione dei capitali occultati all’estero e sottratti ai governi di appartenenza. Negli ultimi anni, attraverso accordi e convenzioni, gran parte dei Paesi si sta impegnando a scambiarsi specifici dati relativi ai soggetti che detengono attività e patrimoni in territori diversi dalla loro residenza. A livello europeo con l’adozione dello standard proposto dall’OCSE, Crs (Common Reporting Standard) e a livello internazionale con la sottoscrizione degli accordi intergovernativi Fatca (Foreign Account Tax Compliance Act) è evidente come l’area della trasparenza fiscale sia destinata ad estendersi molto rapidamente. Ci si auspica che nello scenario futuro non sarà più possibile che attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero non siano conoscibili o accertabili dagli organismi degli altri territori. Anche l’Italia, coerentemente con le linee guida tracciate dall’OCSE, ha attivato una serie di iniziative molto rilevanti sia in ambito nazionale che in quello internazionale. Recentemente infatti ha stipulato tre fra i più importanti accordi con Paesi conosciuti da sempre per la loro segretezza bancaria (Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco) impegnandosi allo scambio reciproco di informazioni fiscali sui soggetti non residenti. Inoltre l’Italia è uno fra i primi trenta Stati che ha aderito all’accordo internazionale secondo cui darà accesso ai propri dati bancari entro il I° gennaio 2016. Come è evidente il segreto bancario dei c.d. paradisi fiscali si sta progressivamente sgretolando e sempre più Paesi sono disposti ad intraprendere politiche di cooperazione fiscale e tributaria con il resto del mondo. Anche in ambito nazionale è riconoscibile l’intenzione del governo italiano di contrastare l’evasione fiscale. Infatti nel dicembre del 2014 ha emanato la Legge n. 186 sulla collaborazione volontaria quale strumento di regolarizzazione della posizione fiscale dei contribuenti nei confronti del Fisco italiano. La procedura di voluntary disclosure è finalizzata all’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero dai residenti italiani in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale. Ci si interroga se lo strumento dello scambio di informazioni a livello internazionale e quello della voluntary disclosure a livello nazionale siano realmente in grado di contrastare questo fenomeno altamente distorsivo che sottrae ogni anno miliardi alle casse degli Stati di tutto il mondo. Si cerca in qualche modo di rispondere a degli interrogativi che sorgono analizzando la materia suddetta: fino a che punto le varie amministrazioni fiscali potranno spingersi nelle indagini dei soggetti che detengono illecitamente ricchezze all’estero? le convenzioni stipulate fra gli Stati da quale momento avranno effetto e oltre quali anni non si potranno spingere retroattivamente le indagini? permangono mezzi attraverso i quali gli evasori potranno ancora sfuggire ai futuri controlli incrociati? quali Paesi realmente hanno posto fine al loro segreto bancario e quali invece solo apparentemente hanno sottoscritto “accordi di comodo”?.