Abstract:
Ogni considerazione che verrà esposta nella mia tesi parte dal presupposto che il carcere deve essere considerato un microcosmo sociale, dove in uno spazio (de)limitato si assiste alla replica dei processi e degli ingranaggi che si possono riconoscere nella quotidianità di qualsiasi comunità.
La prima sezione della tesi si proporrà di ri-valutare l’idea contemporanea di tempo. Verrà illustrato come in diversi campi si sia sviluppato un discorso intorno all’accelerazione del tempo sociale e come questa accelerazione renda obsoleta un’idea di detenzione nata in contesti socioculturali radicalmente diversi.
La differenza temporale fra interno ed esterno non solo rende più pesante la detenzione, già di per sé condizionata dall’attesa del giorno di scarcerazione, ma rende anche ulteriormente più inadatta alla società la persona che termina la sua pena e esce dal carcere.
Invitare la persona detenuta allo svolgimento di attività, è sicuramente uno strumento per restituirgli la dimensione sociale del tempo. Infatti, il detenuto chiamato a svolgere un attività professionale, scandisce la sua giornata in base agli orari lavorativi, è impegnato nella realizzazione di manufatti, segue il ritmo di produzione necessaria, deve rispettare le date di consegna; la percezione del tempo diventa così molto più simile a quella di un lavoratore all’esterno (accentuandone anche gli aspetti negativi di routine e alienazione). Ma ciò che manca al detenuto è il tempo libero, quello che normalmente le persone occupano svolgendo determinate attività ricreative e durante il quale possono “sfogare” i loro impulsi vitali. Solo rispettando anche questo aspetto, la persona ristretta può ritrovare la sua dimensione individuale ed essere in grado di reinserirsi in quella sociale.
Nella seconda sezione verrà analizzata come l’identità sociale dovrebbe tenere conto di tutte le originalità individuali. Una società democratica infatti dovrebbe essere in grado di valorizzare gli impulsi creativi di ogni individuo e di dare ad ognuno la possibilità per una crescita personale rispondente ai propri impulsi e volta alla piena realizzazione di sé. Quindi anche ai detenuti, che sono soggetti - per quanto invisibili - della società, devono potere avere l’occasione di sfogare tali pulsioni e sviluppare la propria singolarità nelle attività a loro più consone.
Le attività artistico/culturali - in senso lato - sono sicuramente i momenti in cui la persona può trovare risposta ai propri impulsi e collocarsi nella dimensione collettiva. Perciò, andando oltre alla tradizionale dicotomia che vuole l’art pour l’art, nella parte finale di questa sezione, si accetterà la funzione sociale dell’arte e si discuterà di come l’attività artistica, rispettata nel suo essere “fine a se stessa”, può inequivocabilmente rientrare in un dispositivo educativo.
L’ultima sezione sarà dedicata alla descrizione dei sei laboratori artistici che sono stati presentati in occasione della mostra fotografica De l’Ombre à la Lumière - progetti realizzati con persone in stato di detenzione. In questa sezione conclusiva verranno riportate interviste fatte ad alcune persone ristrette coinvolte nei vari progetti.