Abstract:
Negli anni ’90 si comincia a parlare in campo filosofico, culturale e artistico di Estetica Relazionale.
Uno tra i primi a fornire una codificazione più precisa di questo tipo di estetica è il curatore francese e critico Nicolas Bourriaud che, grazie alla sua esperienza a contatto diretto con gli artisti in questione, teorizza una nuova definizione per le pratiche artistiche anni Novanta. L’arte relazionale comprende i percorsi artistici che hanno principio nell’intersoggettività, nella relazionalità e nel coinvolgimento del pubblico che diventa non solo spettatore ma esso stesso artefice dell’opera.
La tesi affronta un’analisi approfondita dei testi di Bourriaud, prendendo in considerazione sia i principi filosofici da cui è partito per la teorizzazione, sia le basi e le influenze storico-artistiche della corrente artistica.
Vengono indagate le origini del pensiero del curatore attraverso un esame del concetto di sociale e di relazionale ed attraverso il suo punto di partenza, cioè l’esperienza pratica sul
campo.
Per Burriaud e per questi artisti l’arte ha una funzione particolare nella produzione collettiva e nella società, infatti il suo scopo finale è lo scambio sociale.
Proprio per questo motivo ci si trova a formulare un nuovo concetto di spazio che diventa spazio sociale e spazio fisico allo stesso tempo, così come si deve pensare ad una nuova tipologia di spettatore che allo stesso tempo è produttore dell’opera stessa e coinvolto emotivamente e personalmente nell’atto.
Anche il ruolo dell’artista cambia, perché si pone a livello del suo pubblico e mette in primo piano nel suo lavoro l’interazione tra persone e il modello di partecipazione.
Dopo un’attenta riflessione sugli scritti di Bourriaud, e sul concetto di arte relazionale, analizzato in ogni suo punto si passa alla critica in atto ed al dibattito culturale sull’argomento.
Ci sono vari punti di vista sulle teorie di Bourriaud, come quello di Roberto Pinto, o quello della critica Claire Bishop che nei loro testi s’interrogano sui limiti di questa estetica e valutano le teorie da lui sostenute.
I principali interrogativi che si pongono sono relativi alla stabilità che le affermazioni di Bourriaud hanno nel contesto contemporaneo, alla loro credibilità all’interno della società.
L’arte relazionale dovrebbe, secondo il curatore francese, uscire dai luoghi che normalmente gli sono adibiti come le gallerie, musei o fondazioni, è davvero così? In realtà l’istituzione museale è pienamente coinvolta e diventa invece massima committente.
Palays de Tokyo dovrebbe esser una ricontestualizza zione del modello di “white cube”, ma rischia invece di diventare spazio in balia perenne dell’opera, non spazio di sperimentazione, ma d’intrattenimento.
Ma la massima critica che viene mossa nei confronti della teoria relazionale è di esser stata classificata dal curatore francese come “forma sociale”, pienamente nella facoltà di produrre delle relazioni umane positive.
Questo però ha implicazioni politiche importanti, che contrastano con le teorie positiviste di Bourriaud che fa l’errore di assimilare un giudizio estetico con un giudizio etico politico delle relazioni prodotte dalle opere in questione, che vengono considerate in modo pienamente oggettivo.
La generalità assunta nei testi di Bourriaud è quindi un punto critico grave, la quale ridurrebbe la credibilità della teoria relazionale.
La conclusione è un sunto di quelli che sono considerati i punti a favore e le criticità di questa teoria, che è diventata vera e propria fonte di dialogo e di argomentazione e chiedendosi se veramente questi artisti possano esser ricondotti in un’unica corrente estetica, o se i scritti di Bourriaud siano solo un pretesto per accomunare e descrivere quella che è la sua carriera curatoriale.