Abstract:
Il commercio del sale fu senza dubbio una delle principali fonti di ricchezza per la provincia istriana, in particolare per le zone del litorale nord-occidentale della penisola che, data l’avidità del suolo e la scarsità di risorse naturali, vedevano nella produzione e nello smercio del prodotto con il retroterra carsico l’unica possibilità di accedere a quei prodotti che la regione circostante non poteva offrire. Nel corso del Cinquecento lo smercio del sale istriano s’inserì nel sistema daziario veneziano che, in base agli accordi stipulati con le diverse città del litorale, percepiva una quota o la totalità della produzione salina annuale e imponeva un dazio al momento della vendita del prodotto restante.
Fu un’abitudine radicata, almeno in questa zona, tentare di aggirare tale sistema daziario attraverso l’attività di contrabbando. Esso avveniva generalmente via terra, attraverso le impervie mulattiere del Carso, o via mare attraversando l’Adriatico per raggiungere la sponda occidentale, dove risalendo lungo i fiumi principali, soprattutto nella zona friulana, il prodotto poteva essere smerciato a prezzi vantaggiosi sia per i venditori che per i compratori. Venezia tenterà in tutti i modi di debellare, o perlomeno contrastare, questo fenomeno ma i risultati furono generalmente scarsi.
Il contrabbando sopravvisse alla Repubblica e perdurò anche nei secoli successivi alla sua caduta.