Abstract:
Storicamente, il Caspio è sempre stato un confine tra Europa e Asia, una barriera che nel corso dei secoli ha contribuito allo sviluppo di trascorsi differenti tra i popoli abitanti sulle sue coste. Solo a partire dal XIX sec. l’Impero zarista prima e l’Unione Sovietica poi riuscirono ad unificare politicamente le sponde del Caspio, imponendo sull’intera regione il sostanziale predominio russo. La situazione mutò solo negli anni ’90 del secolo scorso, quando la dissoluzione dell’URSS fece aumentare il numero dei paesi costieri da due a cinque, provocando i primi contrasti politici soprattutto per quanto riguarda la definizione dello status legale del bacino e la conseguente demarcazione dei confini sulle acque e sui fondali; tali dispute sono ancora in atto e solo negli ultimi anni si è giunti ad una parziale soluzione condivisa. Le difficoltà nel trovare un accordo politico-giuridico derivano soprattutto dal fatto che negli ultimi decenni l’area ha assunto un’enorme rilevanza anche dal punto di vista economico, grazie alla scoperta di immensi giacimenti di petrolio e gas che ogni paese vorrebbe poter sfruttare autonomamente. Lo sviluppo del settore energetico è rilevante soprattutto per Azerbaijan, Kazakistan e Turkmenistan, che vorrebbero poter definitivamente sottrarsi dall’influenza russa tramite i proventi economici del mercato degli idrocarburi. Tuttavia, la posizione isolata della regione vincola i paesi caspici a relazionarsi non solo con i paesi consumatori, ma anche con quelli di transito, rendendo molto più vulnerabili le loro politiche economiche. Per ovviare a queste problematiche, gli Stati di nuova indipendenza hanno cercato di diversificare le direzioni dei loro investimenti e delle loro vendite, inserendosi così in un contesto non più regionale, ma mondiale, in cui attori come la Turchia, l’Europa, gli USA e la Cina giocano ruoli di rilievo.