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Il vino racconta la storia dell’uomo, il cambiamento dei gusti, degli stili di vita e del territorio, pertanto anche un’analisi economica dell’offerta e dei consumi come la trattazione oggetto, deve tenere in considerazione tutte le componenti del “prodotto” vino.
L’analisi della domanda di vino nel corso della storia recente è legata alla degustazione, questa parola è un passaggio silenzioso tra il consumo e il piacere di bere. Il termine spiega: il cambiamento dei consumi di vino, ma anche l’intelligenza con cui alcuni produttori prima di altri hanno capito il vento che cambiava, già all’inizio degli anni novanta in Italia. L’apprezzare un prodotto, ma soprattutto descriverne le caratteristiche al fine di innescare passione e curiosità. Il vino se raccontato ad arte crea passione, in altri modi non spiega l’evoluzione dei prezzi descritti nei paragrafi successivi. La passione è una dote che il “made in Italy” riesce ancora oggi a trasmettere, che sia un capo di alta moda o un vino rosso d’annata, riesce a creare quel valore aggiunto al prodotto.
La tesi racconta in parte l’internazionalizzazione di alcune imprese enologiche. Internazionalizzazione che nelle sue varie definizioni spiega il successo di alcuni vini, più che di alcune imprese, è il processo di adattamento di un’impresa, un prodotto, un marchio, creato per un mercato, ad altri mercati o ambienti internazionali. L’internazionalizzazione delle imprese è stata per le aziende vitivinicole un’esigenza. Il mercato interno saturo e in una costante discesa dei consumi, ha indotto le imprese a guardare oltre, prima le grandi case vinicole e poi via via quelle di più ridotte dimensioni ancora oggi più arretrate. Nel trevigiano si testimonia un caso aziendale: il Prosecco. Un vino che ha trainato le imprese, uno dei pochi casi in cui un prodotto si è venduto “da solo” grazie alle sue spiccate e naturali caratteristiche.
La produzione di vino in Italia, ha visto negli ultimi dieci anni una necessaria innovazione, la prima è stata senza dubbio tecnica, in cui le aziende agricole hanno rimodernato gli stabilimenti enologici arrivando ad essere competitivi a livello mondiale, basti pesare alle tecnologie del freddo, all’uso dell’acciaio, fin ad arrivare alla riduzione della presenza di anidride solforosa nel prodotto. La seconda innovazione è senza dubbio il paradigma della riduzione delle quantità prodotte e unite all’aumento del valore generato dalle imprese. Il processo ha visto come protagonisti non solo le grandi aziende, ma anche una miriade di piccole imprese enologiche che hanno rappresentato nel mondo, il bello dell’agricoltura italiana, in altre parole la peculiarità della tipicità territoriale.
Il consumatore ha riconosciuto questa nuova qualità, essendo disposto a consumare meno vino ma a pagarlo di più se di qualità. L’innovazione è avvenuta anche nella comunicazione. Le imprese del settore hanno capito prima di altri, forti di un tessuto imprenditoriale che già sfruttava la cooperazione nella produzione, che la comunicazione doveva uscire da logiche del singolo marchio aziendale. Hanno da subito avviato la promozione di un territorio, un marchio collettivo, come nel caso dei consorzi di tutela prima e poi di vere proprie aree geografiche, i cui prodotti erano accumunati da caratteristiche territoriali similari .
Gli obiettivi del trattato in disamina, sono quelli di spiegare con i numeri e i grafici perché il vino italiano ha ancora successo in Italia e nel Mondo, dove il suo acquisto cresce, come è cambiata la scelta della varietà da coltivare, rimanendo sempre fedeli ad una impostazione economica che vuole nell’analisi del consumo un riscontro alle impressioni che nella premessa si vanno a delineare. |
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