Abstract:
A partire dai dati intratestuali, sia a livello sintattico – metodo word-by-word – che lessicale – ricerca analitica della radice greca per cogliere la letteralità del lemma, considerato in sé e per sé al di là del contesto frasale –, il cosiddetto al-tarǧam al-qadīm della Retorica di Aristotele è un’opera databile da dopo la seconda metà del secolo VIII – come è arguibile, interpretando le informazioni derivate dalla Lettera 43 di Timoteo I, Patriarca nestoriano di Baġdād, e dalle considerazioni dello studioso francese Hugonnard-Roche –, fino a non oltre il 809, anno di fondazione del bayt al-ḥikma sotto Hārūn al-Rašīd (169/786 - 193/809).
A partire dal nostro lavoro di analisi e commento comparativi tra il testo greco e la sua versione araba, questa traduzione è verosimilmente uscita dalla penna di un unico mutarǧim. Crediamo che costui possa essere stato membro appartenente o affiliato a un ambiente ecclesiastico; non è di madre lingua greca né araba, bensì siriaca; a ogni modo, è riscontrabile che egli abbia una maggiore affinità e padronanza con la lingua dei nuovi conquistatori a differenza del dialetto attico di Aristotele. Secondo il nostro parere costui è in possesso di una discreta conoscenza di alcune opere logiche di Aristotele, dal momento che ogni loro menzione è stata vòlta in arabo mediante una fattiva traslitterazione, e non mediante una traduzione di tipo etimologico. È possibile parlare anche di una sua probabile familiarità con alcune nozioni della filosofia platonica.
Pur avendo riconosciuto e attribuito la paternità di questa traduzione a un unico mutarǧim, i medesimi dati intratestuali ci guidano e ci conducono a dichiarare attendibile e legittima la presenza collaborativa di un consulente, facilmente immaginabile come una figura professionale dotata di una più sicura e ferma conoscenza della lingua araba e di qualche altra nozione, che poteva magari riguardare, per esempio, l’uso di una terminologia pertinente al dettato coranico o alle scienze giuridiche.
Accanto a questa figura ausiliare, siamo riusciti a rilevare la presenza di interventi, o se si preferisce, di inserimenti lessicali e sintattci, che abbiamo catalogato come posteriori, poché li abbiamo attribuiti a figure terze, dette altrimenti professionali – come copisti, revisori, commentatori, traduttori filosofi –, le quali, per la qualità e la puntualità delle loro scelte lessicali e per le loro libere riformulazioni interpretative del periodo, si stagliano nettamente su quell’orizzonte semantico, ascrivibile e databile in riferimento alle prime due figure summenzionate, e, nel contempo, denunciano il fatto che il cosiddetto al-tarǧam al-qadīm, entro un determinato arco di tempo, è stato fatto oggetto di rivisitazioni, vòlte a ottenere non una correttezza terminologica nei confronti del dettato greco, ma una maggiore comprensibilità, legata alla tematica, e una migliore chiarezza e fluidità, legate allo stile, in modo che il tutto potesse divenire più fruibile e che il lettore fosse in grado di trarne profitto e insegnamento.