Abstract:
Tra tutti gli illeciti antitrust, le intese restrittive della concorrenza hanno sempre avuto un ruolo di particolare rilievo, a causa del loro fortissimo potenziale anticompetitivo. Non tutte le intese hanno però lo stesso potenziale anticompetitivo: le intese orizzontali rappresentano una minaccia per la concorrenza molto più forte di quelle verticali. Quest’ultime, che prendono il nome di restrizioni verticali, sono sempre state uno degli strumenti chiave con cui i produttori di automobili hanno regolato il rapporto con i propri distributori. La Commissione è più volte intervenuta dal 1985 ad oggi, nel mercato di distribuzione delle automobili, per garantirne il funzionamento e l’integrazione, disciplinando l’utilizzo delle restrizioni verticali. I numerosi interventi e l’evoluzione del mercato furono il chiaro segnale che la Commissione teneva sempre più in considerazione le teorie economiche sulle restrizioni verticali, che tendevano a giustificarne l’uso in assenza di situazioni in cui fosse presente un forte potere di mercato. Infatti, i molteplici tipi di restrizioni verticali esistenti, utilizzati nelle filiere verticali per regolare i rapporti tra i diversi livelli, possono avere effetti sia positivi che negativi sul benessere sociale collettivo. Infatti, esse possono aumentare l’efficienza delle filiere produttive, eliminando problemi come la doppia marginalizzazione o il free-riding tra i distributori o i produttori. D’altro canto però, le stesse clausole possono anche essere utilizzate per ridurre la concorrenza tra le diverse marche presenti in uno stesso mercato, permettendo così alle imprese di praticare prezzi più elevati per ottenere un maggior profitto, a scapito del benessere dei consumatori. È possibile, inoltre, che le restrizioni verticali siano adoperate per rendere possibile, o più stabile, un accordo collusivo. Da ciò, risulta chiaro il perché la Commissione europea abbia ritenuto necessario intervenire in un mercato importante come quello della distribuzione dell’automobile per regolamentare, tra le altre cose, il loro utilizzo. Il caso Mercedes-Benz, iniziato nel 1995, è esemplificativo di come la Commissione intervenisse in questo periodo in cui le teorie economiche erano ancora poco tenute in considerazione. Il dibattito fra la Commissione e Mercedes-Benz fu molto acceso e alla società furono inizialmente imputate tre condotte lesive della concorrenza: gli accordi con i suoi agenti tedeschi per ridurre le esportazioni dalla Germania, gli accordi per la limitazione delle forniture a società di leasing indipendenti in Spagna, e l’imposizione del prezzo di rivendita in Belgio. Il caso si concluse con il ricorso del 2005 con una parziale vittoria di Mercedes-Benz, a cui fu confermata solamente l’ultima, nonché la meno onerosa, delle tre infrazioni imputategli dalla Commissione.