Abstract:
Questo lavoro ha come oggetto di analisi i processi inquisitoriali contro Laura Malipiero, una donna di origine greca che nella prima metà del Seicento fu accusata dal Sant’Uffizio veneziano di bigamia, sortilegi e pratiche superstiziose. Laura era conosciuta in città come strega ma non aveva a che fare con il Sabba, non confessò voli notturni, né stipulò patti con il demonio. La sua era una stregoneria che rispondeva ai bisogni concreti e quotidiani di una clientela eterogenea: si trattava ad esempio di legare a sé la persona amata, vincere al gioco, guarire dalle malattie, conoscere il futuro. Questa donna fece della superstizione e dell’arte di guarire un vero e proprio mestiere che le permise di guadagnare, coltivare una fitta rete di relazioni, ritagliarsi un ruolo sociale definito e riconosciuto dalla comunità. Il suo agire al limite tra vita matrimoniale e solitudine, magia e devozione, medicina popolare e superstizione, lecito e illecito, sfera dei sentimenti e interesse economico, le diede la possibilità di ritagliarsi numerosi spazi di libertà.