Abstract:
La tesi si propone di ricostruire criticamente alcune delle principali prospettive del primo Novecento circa il ruolo dell’arte nell’esperienza quotidiana e della collettività. Le condizioni storiche che si sono verificate a partire dalla modernità (industrializzazione e parcellizzazione del lavoro, separazione delle opere d’arte rispetto agli spazi della vita collettiva e loro confinamento in luoghi specificamente adibiti, mondializzazione del commercio e della cultura) hanno infatti reso assai problematica la definizione di questo ruolo. In particolare, si intende prendere in esame le affinità e le divergenze di due prospettive apparentemente antitetiche, ovvero quella critico-negativa del filosofo francofortese Theodor W. Adorno, il quale ascrive all’opera d’arte un ruolo di discontinuità e antitesi rispetto alla società capitalistica, e quella del pragmatista americano John Dewey, che invece propende per una concezione dell’opera d’arte come compimento dell’esperienza, in continuità rispetto all’esistenza quotidiana.
In una prima parte del lavoro vengono delineate in generale le posizioni di Georg Simmel, Walter Benjamin, Theodor W. Adorno e John Dewey circa il problema trattato, in un secondo momento ci si sofferma più nello specifico sulle considerazioni contenute nei testi Teoria Estetica di Adorno e Arte come esperienza di John Dewey. In conclusione ci si interroga circa l’attualità delle teorie analizzate e il ruolo dell’opera d’arte nella quotidianità odierna.