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Al di là della topografia immaginaria e fantastica, cornice primaria della "fabula" dantesca, il saggio si concentra sulle geografie e sui paesaggi reali evocati nel racconto, che, seppure dotati di uno statuto formalmente secondario e indiretto, acquistano un vistoso rilievo, tracciando per la prima volta nella letteratura italiana un’immagine geografica, ancorché parziale, dell’Italia e dell’Europa.
La prima parte è dedicata all’attitudine di Dante in rapporto agli ambienti naturali ed antropici, alle modalità di costruzione delle topografie ed alle fonti impiegate, con particolare attenzione al problema degli strumenti cartografici, non identificabili ma di fatto essenziali nell’officina scrittoria del poeta, ed al tema del viaggio nella sua accezione concreta e biografica, influente a più livelli, attraverso i percorsi dell’esilio, sulla genesi della "Comedìa".
La seconda parte individua tre territori “esemplari”, presenti nel poema e direttamente esperiti dal suo autore: il corso dell’Arno, il Casentino, Bologna. Partendo dai brani corrispondenti, si è cercato di verificare l’intreccio delle conoscenze alla base della elaborazione geografica, nella quale si fondono vissuto percettivo, elementi letterari, cartografie e possibili immagini prodotte delle arti visuali coeve (architettura, pittura, miniatura).
Un obiettivo secondario dell’indagine è consistito poi nella ricostruzione di alcuni aspetti delle geografie osservate dal poeta nelle forme in cui egli ebbe modo di osservarle, in varia misura riflesse nell’universo della "Comedìa", rilevando le diversità o la continuità degli assetti e gli elementi fisici e morfologici alla radice di problematiche di lungo periodo, estese ai paesaggi del presente. |
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