Abstract:
La presente indagine si propone come una riflessione intorno al senso del divenire quale emerge nel dettato di Emanuele Severino. La riflessione sul divenire è certamente una delle più antiche che abbiano impegnato l’umanità; anzi, stando all’interpretazione che Severino offre delle origini del pensiero filosofico, essa è alla base della nascita della filosofia. Attraverso l’introduzione delle categorie dell’essere e del non-essere, infatti, il pensiero greco ha concepito per la prima volta il senso del divenire che, da oltre due millenni, giace al fondo del nostro modo di pensare: quel senso per il quale il divenire è l’uscire delle cose dal nulla e il ritornare delle cose nel nulla. Il mondo, quale appare ai nostri occhi, è il mondo fondato da Platone: è quella realtà oscillante, contesa dall’essere e dal nulla, che il filosofo ateniese ha evocato per primo. «L’essere è, mentre il nulla non è», aveva detto Parmenide, ma Platone non ha prestato vero ascolto a queste parole, e ha scelto di inoltrarsi lungo il cammino, proibito, dell’assurdo: quello per il quale l’ente è ciò che viene dal nulla e che ritorna al nulla; quello per il quale, dunque, l’ente è nulla. Tuttavia, secondo Severino, Platone compie l’unico passo in avanti decisivo, dopo Parmenide: Platone, infatti, trae in salvo i fenomeni, le determinazioni, tutto ciò-che-è. Ponendo il “non”, il negativo, come la condizione stessa del darsi delle cose, Platone sottrae le differenze e il molteplice alla dimensione illusoria nella quale l’eleatismo li aveva relegati, e restituisce così alla verità dell’evidenza la piena realtà del mondo. Parmenide e Platone, dunque. La verità del λόγος – l’essere è e non può non essere - e l’evidenza del φάινεσθαι – le cose divengono. Ma il λόγος e il φάινεσθαι possono essere intesi separatamente, oppure essi sono i “momenti astratti di un concreto” che la filosofia ha il compito di determinare? La tesi che la presente indagine intende suggerire è che il discorso di Severino si costituisca precisamente come il tentativo di integrare il λόγος di Parmenide con il φάινεσθαι di Platone, in una sintesi capace di determinare concretamente la verità originaria e rendere piena ragione del reale. La verità originaria, messa in luce da Severino, dice che ogni ente è eterno: non che il Tutto è eterno, o che qualche ente è eterno, ma che ogni singola determinazione è eterna, cioè esiste e non può non esistere. Questo pensiero esprime compiutamente la verità dell’essere? E, se sì, quale significato può assumere tale verità per l’esistenza umana? L’obiettivo che la presente indagine si propone è di provare a offrire una risposta a questi interrogativi, misurandoci con l’interpretazione del senso dell’essere e del divenire che Severino sviluppa nella sua ontologia.