Abstract:
La tesi si articola in quattro parti, analizzando il fenomeno turistico cinese dall’epoca delle dinastie ai giorni nostri. Percorrendo i secoli di storia della Cina, notiamo che il concetto di turismo è qualcosa di inconcepibile fino all’epoca delle riforme di Deng Xiaoping. Per la vastità del suo territorio la popolazione cinese ha sempre subito forti limitazioni alla mobilità, motivo ulteriore per cui, fino agli anni settanta, non esisteva una mentalità che comprendesse il lusso del viaggiare. Oltretutto, essendo alla Cina di una repubblica socialista, il Grande Timoniere aveva sempre ammonito il suo popolo dal cedere in comportamenti borghesi, e, viaggiare cos’altro non era se non un lusso per pochi?
Bisognerà aspettare l’avvento delle riforme d’apertura e l’adozione di un nuovo sistema economico perché il concetto di turismo cominci a formularsi per poi svilupparsi ottenendo i risultati sbalorditivi che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del 1900. Alla luce dell’incredibile sviluppo del caso cinese, il mondo occidentale non ha potuto evitare di interrogarsi su quale fosse il modello politico-economico vincente. In un periodo in cui bisognava rilanciare l’economia su tutti i fronti, il turismo ha rappresentato l’ancora di salvezza della Cina: usato dapprima come strumento politico per diffondere l’immagine del successo dello stato socialista nel mondo in epoca maoista, si è poi rivelato essere il motore dell’economia cinese, e, ovviamente, anche di quella mondiale.
Dal 2000, il turismo cinese outbound è esploso, registrando una tendenza più che positiva verso l’Europa, e addirittura verso i Paesi dell’aree Schengen. Il volume dei flussi in uscita verso l’Italia ha raggiunto il picco nel 2010, tuttavia, negli ultimi anni, una leggera diminuzione della richiesta visti sconcerta un po’ il Bel Paese. Più che di una diminuzione, si tratta di una stabilizzazione: i turisti cinesi preferiscono indubbiamente l’Italia alla Germania o alla Francia, eppure il prototipo di turista cinese in Italia ha come interesse meramente lo shopping e non la cultura italiana. La cultura è il vero problema: l’economista Giancarlo Dall’Ara pone in evidenza come gli altri Paesi occidentali si stiano adoprando meglio di noi sul versante “accoglienza”, e suggerisce che l’Italia sfrutti l’ormai prossima occasione di Expo Milano 2015 per sfoggiare le doti comunicative innate e tipiche della nostra calorosa gente, al fine di attrarre turismo per il futuro. L’industria turistica cinese è un bacino di risorse umane, e ci sono forti probabilità che questo fenomeno possa contribuire a giovare l’economia europea, in cui dilaga la crisi finanziaria dal 2008.