Abstract:
La ricerca che verrà presentata durante l'esame di laurea muove dallo studio delle carte contenute in un fascicolo conservato nell'archivio parrocchiale della Chiesa di Oderzo, in provincia di Treviso, e si occupa del contenzioso intercorso tra due pievi dell'allora Diocesi di Ceneda (oggi diocesi di Vittorio V.to): la Chiesa di Fossalta Maggiore (filiale della Chiesa di Chiarano) e la Chiesa di Piavon, (filiale della Collegiata di Oderzo), situate nella zona centro-orientale dell'attuale provincia di Treviso. Il periodo storico interessato va dal 1710, con l'avvio della disputa, al 1715, anno della sentenza.
La controversia tra i due pievani, rispettivamente Giovan Battista Bonci e Antonio Possè, riguardava la giurisdizione ecclesiastica su alcuni appezzamenti di terreno sul confine delle due parrocchie, con tutto quello che ne conseguiva in termini di esazione del quartese e di altri benefici di carattere sacramentale. Parte in causa fu anche la Collegiata di Oderzo in quanto beneficiaria di parte del quartese destinato alla Chiesa di Piavon. Per dirimere il contenzioso, le parti ricorsero alla prassi del giudizio arbitrale.
L'elaborato si apre con un approfondimento sull'evoluzione degli istituti della decima e del quartese, con particolare attenzione all'area veneta, e prosegue esponendo fatti ed elementi probatori della causa (riconducibili addirittura al 1316), con l'intento di chiarire il reale fondamento giuridico delle pretese avanzate dalle parti.
Principale oggetto del contendere fu l'esazione del quartese su un appezzamento di terreno di Villa Frassenè (oggi sotto il Comune di Oderzo), detto ancor oggi "località 100 campi". La questione dei diritti di riscossione interessò collateralmente anche alcuni altri possedimenti contigui al terreno conteso, si trattava di case coloniche e fabbriche rurali sulle quali si avanzano pretese di benefici dovuti all'amministrazione dei sacramenti. Gli edifici contesi, oggi non più esistenti, erano alcune case coloniche di Ca' Giustinian de' Vescovi, una casa colonica di proprietà del Capitolo di Ceneda e la cosiddetta casa Capoia, per i quali si è tentata una localizzazione attraverso mappe dell'epoca e le descrizione emerse dalle carte del fascicolo.