Abstract:
Il lavoro consiste in un commento all’ultima opera poetica di Clemente Rebora: i Canti dell’infermità usciti dapprima in un’edizione ridotta nel 1956 (ordinata dal poeta), e poi in quella più ampia del 1957 (curata dall’editore: Vanni Scheiwiller). Nel commento si è, dunque, ritenuto necessario mantenere la divisione fra le due edizioni ponendo prima la princeps, separata dall’edizione 1957. Ciò che è emerso dallo studio condotto è la notevole vicinanza dei testi poetici dell’ultimo Rebora, sacerdote appartenenente all’Istituto della Carità (rosminiani), con i testi sacri (Bibbia e Messale) e con quelli dei poeti del primo novecento, cioè dell’ambiente vociano al quale anche il poeta fu vicino (Sbarbaro, Michelstaedter), senza dimenticare le assonanze ungarettiane e montaliane. Si è poi notata un’influenza reboriana in un poeta a lui posteriore, ma affine per storia personale: padre David Maria Turoldo. Sono state, infine, confermate, tutte le fonti già individuate dalla bibliografia esaminata ossia Dante, S. Juan de la Cruz, Jacopone da Todi.