Abstract:
A cavallo tra XIX e XX secolo, agli occhi degli osservatori occidentali, il Celeste Impero diventò l’emblema di una cultura immobile e arretrata, chiusa nella strenua difesa del suo conservatorismo. Smembrata sotto il controllo delle potenze coloniali, e tuttavia forte della sua tradizione culturale, la Cina Qing cercò di riaffermare la propria autorità dotandosi di leggi di matrice occidentale, e iniziando così un processo di studio e di traduzione di testi giuridici stranieri. Questa tesi prende in esame alcuni termini per ricostruire il ruolo e la funzione che la Cina assegnò al diritto e per analizzare come la lingua cinese, solo apparentemente impenetrabile e chiusa ai prestiti stranieri, abbia in realtà elaborato molti neologismi, assimilando nuovi concetti giuridici, pur mediati da una tradizione millenaria che, benché assegnasse al diritto un ruolo secondario nel mantenimento dell’ordine sociale, stabiliva delle norme per moltissimi aspetti di vita quotidiana.