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La parola “cultura” contiene una vasta serie di significati che spaziano dagli usi e costumi, dalle tradizioni e espressioni di un popolo, di una comunità o dei singoli individui, ai beni materiali, come musei, monumenti, edifici di rilevanza storico – artistica, e immateriali, come il paesaggio; ancora, la cultura è anche un motore dell’economia.
Oggi, a causa della crisi, si sta riscoprendo questa sua intrinseca potenzialità economica.
Pensando la cultura come una chance concreta di uscita dalla crisi, la maggior parte delle volte si dimentica la vera sua natura per accentuarne soltanto gli aspetti prettamente economici. È quindi opportuna una precisazione: la situazione che si sta vivendo oggi è una crisi di valori, una crisi dell’uomo, prima ancora che economica.
Il nostro Paese è un esempio eclatante: non si investe nella istruzione (l’Italia spende solo lo 0,12% del proprio Pil nel diritto allo studio), non si tutela e promuove abbastanza il patrimonio storico-artistico, non si salvaguardia l’ambiente. Eppure, rapporti e ricerche, come lo studio The Learning Curve, condotto dall’Economist, dimostrano come una buona istruzione e una ampia cultura siano fondamentali.
Il perimetro del settore culturale, in ambito economico, è di difficile delineazione. La Commissione Europea propone uno schema a blocchi che, partendo dalle attività core, comprende anche le industrie culturali e creative e quei settori non propriamente “culturali” ma comunque correlati, quali l’informatica e la mobile industry.
Concentrando l’attenzione sui vari finanziamenti concessi al settore culturale, si nota come essi si stiano riducendo, purtroppo anche a causa della crisi.
I tre canali principali sono il finanziamento pubblico, quello privato e l’autofinanziamento.
Per quanto riguarda il primo, sono coinvolti tutti e quattro i livelli di amministrazione: centrale (in primo luogo il MiBACT), comunali, provinciali e regionali.
Quanto al finanziamento privato, in Italia esso trova origine nel periodo rinascimentale attraverso il mecenatismo. A partire da quell’epoca, si è sviluppata una fitta rete di associazioni non profit con a cuore la tutela e la conservazione del nostro patrimonio culturale, tangibile e intangibile.
Anche le imprese rivestono un importante ruolo. Accanto a quelle coinvolte in attività di sponsorizzazione, ci sono quelle che hanno fatto della cultura una vera e propria strategia.
Infine, bisogna ricordare le diverse forme di donazione, tra cui il contributo delle fondazioni bancarie. Da sempre impegnate in questo settore, soprattutto con esperienze di carattere erogativo, oggigiorno le fondazioni bancarie si vedono più restie a concedere erogazioni, soprattutto a causa della crisi economica.
Il terzo e ultimo canale è rappresentato dall’autofinanziamento. La maggior parte delle realtà culturali, soprattutto se si considerano musei o enti simili, trova difficoltà nell’autofinanziarsi, sia in Italia che all’estero. Questi problemi si riscontrano sia in realtà piccole che grandi e, dunque, non sussistono importanti economie di scala.
Infine, analizzando il sistema di finanziamento culturale dei maggiori Paesi anglosassoni, si tenterà un confronto con l’Italia, cercando, se possibile, di trarre qualche spunto per eventuali migliorie nella realtà nostrana. |
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