dc.contributor.advisor |
Turchetto, Maria |
it_IT |
dc.contributor.author |
Languasco, Silvia <1987> |
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dc.date.accessioned |
2014-02-04 |
it_IT |
dc.date.accessioned |
2014-03-29T10:43:49Z |
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dc.date.available |
2015-04-07T13:58:26Z |
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dc.date.issued |
2014-03-05 |
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dc.identifier.uri |
http://hdl.handle.net/10579/4189 |
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dc.description.abstract |
La devianza,così come i concetti di crimine e follia che include, sono socialmente costruiti. Ogni cultura ha i propri criminali e i propri folli caratterizzati dall'essere anormali, diversi dalla norma. Proprio in questi soggetti, anche storicamente e soprattutto in Occidente, si è rintracciato l'elemento disturbatore, perturbante l'ordine pubblico, che apporta dolore, sofferenza e problemi agli altri componenti della società. Nella contemporaneità, nel tentativo di trovare delle spiegazioni all'agire criminale, hanno fatto ingresso nel campo penalistico le neuroscienze forensi che forniscono una spiegazione di tipo biologico ai comportamenti devianti. Il rischio paventato da molti studiosi al riguardo dell'utilizzo di queste tecniche mediche usate (recentemente anche in Italia) come prove in tribunale comprovanti la parziale o totale mancanza della capacità di intendere e di volere dell'imputato, è quello di un ritorno al paradigma determinista. Paradigma che richiama la teoria dell'atavismo di Cesare Lombroso per l'impostazione riduzionista. Se l'imaging cerebrale e la genetica molecolare sono fertili terreni scientifici che possono portare a scoperte importanti sul funzionamento del cervello e del comportamento umano, anche criminale, se non usate con cautela rischiano di creare delle idee che negano la possibilità di scelta e l'esistenza del libero arbitrio, che portano a sovrapporre le figure di matti e rei, che sminuiscono le discipline di cura privandole della loro ragion d'essere portando a soluzioni che escludono definitivamente i colpevoli dalla società e che non contemplano l'efficacia della prevenzione.
Affinché nell'immediato futuro questi risvolti non si verifichino è necessario che la criminologia amplifichi il suo impianto interdisciplinare e che adotti uno sguardo antropologico sull'essere umano che delinque, analizzandolo nella sua completezza e complessità. Solo così è possibile arrivare a comprendere il perché si delinque e a prospettare soluzioni alla questione criminale che pensino al bene della società ma anche a quello del criminale. |
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dc.language.iso |
it |
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dc.publisher |
Università Ca' Foscari Venezia |
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dc.rights |
© Silvia Languasco, 2014 |
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dc.title |
Crimine e follia.
La costruzione sociale della devianza tra diritto, neuroscienze e psichiatria. |
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dc.title.alternative |
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dc.type |
Master's Degree Thesis |
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dc.degree.name |
Antropologia culturale, etnologia, etnolinguistica |
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dc.degree.level |
Laurea magistrale |
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dc.degree.grantor |
Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa Mediterranea |
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dc.description.academicyear |
2012/2013, sessione straordinaria |
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dc.rights.accessrights |
openAccess |
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dc.thesis.matricno |
840404 |
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dc.subject.miur |
BIO/08 ANTROPOLOGIA |
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dc.description.note |
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dc.degree.discipline |
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dc.contributor.co-advisor |
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dc.provenance.upload |
Silvia Languasco (840404@stud.unive.it), 2014-02-04 |
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dc.provenance.plagiarycheck |
Maria Turchetto (turco@unive.it), 2014-02-17 |
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