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La tesi che presento si configura come un’analisi del binomio linguaggio-politica, con riferimento ai due principali paesi anglofoni del mondo, Stati Uniti e Gran Bretagna. La disamina critica del Political Discourse è interamente condotta secondo le linee guide stabilite dalla Critical Discourse Analysis, con particolare riferimento ai massimi esperti di linguistica testuale e analisi del discorso, tra cui spiccano i nomi di Van Dijk, Fairclough e Wodak. Adottando l’approccio metodologico proprio della CDA, l’analisi testuale condotta si prefigge l’obiettivo di travalicare i confini entro cui si colloca quella che può essere considerata come una semplice analisi del ‘contenuto manifesto’ di un discorso politico. Al contrario, la mia indagine privilegia l’implicito più che l’esplicito, trascendendo il mero piano semantico nel tentativo di presentare un’analisi del testo fondata sulla compenetrazione di molteplici piani - lessicale, morfosintattico, pragmatico e retorico.
Tale compenetrazione consentirà di considerare i testi nella loro totalità; totalità all’interno della quale rientrano gli elementi contestuali e co-testuali, così come le contingenze socio-economiche, politiche e culturali che permeano la società e si riflettono inevitabilmente sulle pratiche discorsive. Partendo da questi presupposti, il mio sarà principalmente un lavoro di interpretazione, e perciò intrinsecamente legato ai concetti di ‘contingenza’ e ‘parzialità’. All’interno di un contesto di CDA, infatti, il linguaggio smette di essere considerato soltanto all’interno della sua dimensione strutturale e semiologica, che tende a declassarlo ad una mera sequenza di parole e preposizioni, per essere invece inglobato all’interno di un contesto più ampio, che privilegi la relazione dialettica intercorrente tra linguaggio e società. Partendo dalla teorizzazione di Fairclough, per cui il linguaggio è anzitutto una pratica sociale, in queste pagine cercheremo dunque di disvelare il modo in cui le pratiche discorsive e le ideologie sono interconnesse. L’indagine assumerà così le sembianze di un’analisi comparativo-contrastiva volta a descrivere e differenziare il modo in cui categorie politiche contrapposte, asserviscono il linguaggio ai propri scopi manipolativi. Verranno evidenziate anzitutto le principali differenze ideologiche tra Repubblicani e Democratici per quanto concerne il panorama statunitense; tra Laburisti e Conservatori per quanto attiene al panorama britannico. Sul piano morfosintattico, analizzeremo una selezione di discorsi ufficiali tenuti da Obama, Romney e una serie di leader politici britannici distintisi per le proprie abilità oratorie. In questo modo, dopo aver fornito informazioni di natura contestuale, i discorsi verranno analizzati da un punto di vista quantitativo e qualitativo, soffermandosi su tempi verbali, verbi modali, e l’alternanza tra forme esclusive ed inclusive.
L’attenzione si focalizzerà così su elementi quali la ‘deissi personale’, ovvero l’utilizzo di pronomi deittici che trasmettono percezioni di prossimità o distanza, o concorrono a rappresentare il mondo in chiave dicotomica, creando contrasti ‘noi/loro’. Stessa attenzione sarà riservata all’utilizzo di aggettivi e verbi modali, accorgimenti linguistici che consentono all’oratore di comunicare il suo atteggiamento rispetto alle proposizioni che enuncia. Verranno altresì descritti gli artifici retorici di matrice aristotelica più ricorrenti, la cui indiscussa capacità suasiva sembra riflettersi prevalentemente sul piano ritmico, nell’intento di accrescere l’effetto di risonanza mnemonica degli enunciati. Ciò che emerge è l'intrinseco potere della parola, finalizzato all'assoggettamento dell'individuo tramite l'intento allocutivo (far credere) e quello perlocutivo (far fare). |
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